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«Il soppalco del Carmine? Agghiacciante»

Nell’incontro di Palazzo Galli condanna senza attenuanti per il soppalco dell’ex chiesa del Carmine nel mirino di “Italia Nostra”: anomalo, agghiacciante, stupro, sopraelevata stradale, pensilina tale da provocare uno “stramlon”

il soppalco contestato dentro l'ex chiesa del Carmine

Folta e appassionata platea ha seguito a Palazzo Galli-Banca di Piacenza, l’incontro pubblico promosso dalla sezione di Italia Nostra per presentare con una particolareggiata documentazione fotografica la buona riuscita del restauro in corso nella chiesa del Carmine di via Borghetto, ma la condanna senza attenuanti del “soppalco”, ossia la struttura che secondo il progetto avrebbe dovuto essere rimovibile e invece risulta ben fissata a terra con attacchi ancorati nel pavimento.

Le motivazioni di questo incontro che non ha intenti denigratori, ma intende diffondere la conoscenza su quanto in corso d’opera - ha esordito Carlo Emanuele Manfredi, presidente della sezione piacentina di Italia Nostra - si collegano al sopralluogo fatto il 9 gennaio scorso con il Dott. Giovanni Losavio e gli Architetti Elio Garzillo e Pier Luigi Cervellati (di Italia Nostra di Bologna), per verificare la situazione di Piazza Cittadella minacciata dal parcheggio sotterraneo, da anni avversato dalla nostra associazione.  Durante il tragitto incuriositi dal portone absidale del Carmine aperto, abbiamo messo dentro la testa provando letteralmente “uno stramlon” (sobbalzo) alla vista di un grande "soppalco": una struttura in cemento armato, di enormi dimensioni, che parte dalla parete della controfacciata absidale e si prolunga – per parecchi metri – all’interno dell’edificio trecentesco. Alcuni di noi manifestarono, anche con espressioni colorite, il loro giudizio negativo su tale struttura, invasiva e in totale contrasto con l'architettura gotica dello splendido edificio ecclesiastico. Seguì una nostra lettera al sindaco Patrizia Barbieri e anche all’assessore ai lavori pubblici Marco Tassi nella quale si evidenziava che un siffatto solettone sostenuto da travature metalliche, costituisce una vandalica ed assolutamente ingiustificata intrusione di uno spazio caratterizzato dallo slancio gotico dei pilastri e dai volumi verticali dell’edificio trecentesco. Una simile “pensilina”, ha concluso Manfredi, non può essere giustificata in nessuna maniera.

La proposta non venne accolta, limitando la visita a soli due o tre rappresentanti dell'Associazione il 21 marzo, dalle ore 11 a mezzogiorno. Andarono con Manfredi, il Prof. Giuseppe Marchetti, l'Ing. Luigi Rizzi che in tale occasione scattò numerose fotografie, che selezionate e appositamente montate, sono state presentate e commentate dall’autore degli scatti all’incontro di Palazzo Galli. A distanza di mesi il solettone, del quale si ignora chi sia il progettista e l'utilizzo previsto, è diventato una struttura inamovibile, ben sostenuto da travature metalliche inserite nella nuova pavimentazione dell'edificio e corredato di relativa scala a tre rampe per accedervi ed anche di ascensore.

In questa operazione, è intervenuto a Palazzo Galli l’architetto Anna Lalatta di Italia Nostra, ai cittadini che sono poi i committenti dei lavori, non sono state date le opportune informazioni; le scelte d’uso pensate per l’immobile sembrano avere poca attenzione all’importanza del bene culturale.  Il dibattito si è poi animato con una raffica di interventi critici tra i quali Giuseppe Valentini: “La navata centrale è stata snaturata e declassata a passerella per lo shopping”; segnala inoltre l’opportunità di murare la porta su piazza Casali, aperta quando l’edificio era stato adibito a magazzino. Domenico Ferrari Cesena riporta alla memoria soppalchi costruiti in chiese piacentine ma solo come strutture temporanee di servizio; l’avv. Corrado Sforza Fogliani puntualizza alcuni aspetti legali; così l’architetto Carlo Ponzini che indica come per costante giurisprudenza la realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica della superficie utile. Cita al proposito una sentenza: “ ... di conseguenza, deve ritenersi che un soppalco costituito da una struttura in legno della superficie di 12 mq circa, impostato ad un'altezza di 2,80 metri dal piano di calpestio costituisca un vero e proprio ambiente, per le sue dimensioni rilevanti, tale da configurare un nuovo vano e determinare un conseguente incremento della superficie abitativa”.

In chiusura è stato proiettato il video con l’intervista a Vittorio Sgarbi rilasciata in occasione del suo intervento in procura di alcuni giorni fa: “Restauro del Carmine? Hanno piegato la natura dell'edificio alla funzione”

 

La scheda: CHIESA DEL CARMINE (S. Maria luniore)  Conventuale - Parrocchiale

Costruita nel 1334 in forme lombardo gotiche, modellata a somiglianza delle chiese coeve di S. Lorenzo e S. Anna sull'area di una Chiesa preesistente dedicata a S. Maria luniore o Novella. La pianta è a tre navate con otto colonne cilindriche e tre absidi quadrate. Le dimensioni della Chiesa inducono ad un immediato riferimento alla fabbrica di S. Francesco, cui il Carmine sembra più strettamente legato rispetto alle altre costruzioni contemporanee. Però rispetto a S. Francesco, che concentra al centro dell'abside tutta la tensione architettonica, nel Carmine viene scaricata nei muri laterali delle navi minori, con una bella serie di cappelle archiacute nella navata di destra e di cappelle poligonali voltate ad ombrello nella nave di sinistra. L'esterno si presenta ancora nella versione gotica originale, anche se gravemente deteriorata; le modifiche incominciarono nel 1500 con l'aggiunta di una sacrestia di gusto tramelliano, e continuarono nel 1600 con l'imbarocchimento della chiesa, quando le colonne furono ridotte a pilastri, ribassati gli archi acuti, stuccate le cappelle ed issate delle statue sulla sommità dei pilastri. La facciata, oggi giudicata un buon lavoro, è stata costruita nel 1700 dall'architetto piacentino Giacomo Agostini. Chiusa al culto nel 1800 fu successivamente trasferita in proprietà al Comune di  Piacenza e destinata a magazzino di materiali edili.

(da: LE ANTICHE CHIESE, MONASTERI E OSPEDALI DELLA CITTA' DI PIACENZA (APERTE, CHIUSE, SCOMPARSE) di Armando Siboni, ed. BANCA DI PIACENZA)


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