Attualità

L’Ecce homo, le tavole fiamminghe, lo scrittoio da viaggio del cardinale: la nuova visita

Tutte le opere in mostra nello spazio museale restaurato del Collegio Alberoni

La sala della scrivania dell'Appartamento del Cardinale

Dall’Ecce homo alle tavole fiamminghe, passando per lo scrittoio da viaggio del cardinale. Ecco tutte le opere in mostra e il nuovo itinerario di visita del rinnovato Appartamento del Cardinale del Collegio Alberoni, aperto al pubblico da domenica 13 marzo (qui il calendario).

L’itinerario - Al Collegio da lui fondato per formare i chierici poveri che non avevano mezzi per studiare Giulio Alberoni (1664-1752) lasciò in eredità le sue preziose collezioni d’arte che, alla sua morte, erano suddivise tra il Palazzo presso la chiesa degli Angeli Custodi e la Villa suburbana presso Sant’Agnese a Roma e il Palazzo di città, nel centro di Piacenza, nel quale Alberoni dimorò negli ultimi anni della sua vita. Il Cardinale non visse infatti in Collegio, ma i padri Vincenziani dovevano avergli riservato tre stanze site all'angolo nord – ovest, da allora dette l’Appartamento del Cardinale, divenute progressivamente nel tempo, luogo di custodia ed esposizione del nucleo più pregiato e delicato delle opere appartenenti alla collezione alberoniana e di significativi oggetti storici legati alla figura di Giulio Alberoni, come la poltrona del Cardinale in legno scolpito e dorato, rivestita in velluto cremisi che apre il percorso di visita.

La Sala che precede l’Appartamento e che ne costituisce una sorta di anticamera presenta una selezione di opere a soggetto sacro realizzate prevalentemente nel XVI secolo, la maggior parte di grande formato e nella quasi totalità derivate da prototipi di grande impatto devozionale. Accanto a due pregevoli repliche di capolavori di Raffaello, la Madonna Canigiani e la Madonna del divino amore, ha inizio una vera e propria narrazione della passione con il Cristo che cade sotto la Croce, interessante dipinto su tavola, derivato da un prototipo di Luis de Morales (1509 - 1586), il Compianto su Cristo morto attribuito a Zenone Veronese (1484-1552/1554) e, in dialogo con esso, la tela monocroma con la Deposizione di Cristo nel sepolcro, derivata da una nota acquaforte di Parmigianino. L’intenso Volto di Cristo realizzato dal pennello di Andrea Camassei (1602-1649) e la Cena in Emmaus, coeva all’originale di Tiziano, completano l’ambiente.

Nella prima Sala dell’Appartamento affiancano la Pendola in legno laccato e decorata con motivi di cineseria dell’orologiaio George Clarke (notizie dal 1725 al 1740) due pendant di Luca Giordano (1632 – 1705), San Giuseppe che contempla il Bambin Gesù e Sant’Anna che insegna a leggere a Maria bambina, opere felicissime nell’intonazione cromatica, realizzate con segno vigoroso nella fase tarda della carriera di Luca. Tra gli altri dipinti esposti un bel Ritratto di Papa Clemente IX Rospigliosi eseguito da Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio (1639 – 1709) e un prezioso dittico su rame di Pietro Del Po (1610-1692), con la Decollazione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro, opere di grande raffinatezza realizzate con una qualità esecutiva degna della miniatura. Spicca nella nicchia espositiva ricavata nel vano della finestra, il San Pietro che piange, capolavoro ascrivibile a Guido Reni (1575-1642), opera tra le più significative e intense della collezione del Cardinale. Nella raccolta del prelato non mancano dipinti di soggetto profano come la tela con Giovinezza e Vecchiaia, una meditazione sul tema della vanitas attribuita ad Angelo Caroselli (1585 – 1652) e due “bambocciate” di Michelangelo Cerquozzi (1602 – 1660).

                           

Nella seconda Sala fa da cornice alla Scrivania e allo scrittoio da viaggio del Cardinale, il rosso porpora di tre ritratti di Giulio Alberoni: quello di un ignoto pittore italiano della prima metà del XVIII secolo, quello realizzato in ovale da un ignoto artista del secolo XVIII e derivato dal noto prototipo di Michel Ange Houasse (1680-1730) e quello di Giovanni Maria delle Piane, detto il Mulinaretto (1660-1745), vera icona del fondatore del Collegio, al cui fianco, sintesi della sua parabola biografica, sta l’allegoria alberoniana dipinta da Placido Costanzi (1690-1759), raffigurante La Giustizia e la Pace che coronano l’Innocenza che calpesta la Calunnia. La stessa Sala espone un’intensa successione di delicate e preziosissime tavole fiamminghe e italiane fra Quattro e Cinquecento. Tra queste ultime spicca la Sacra Famiglia con san Giovannino, dipinto di grande qualità, non lontano dai modi di Luca Signorelli e attualmente assegnato al Maestro dei Putti Bizzari, recentemente identificato in Piero di Andrea da Volterra (attivo nell’ultimo quarto del XV sec.). Fra le straordinarie tavole fiamminghe ricordiamo il prezioso Cristo risorto appare alla Vergine, già attribuito a Dieric Bouts, oggi accostato ai modi di Gerard David (1460 - 1523), la Madonna con bambino della scuola di Joos van Cleve, quella attribuita al Maestro del Pappagallo (attivo nel primo quarto del XVI sec.) e la Visione di san Giovanni a Patmos di Henri Met de Bles, detto il Civetta (1480-1550).

La terza Sala dell’Appartamento è dedicata alla vera perla della collezione alberoniana: il Cristo alla colonna, uno dei più alti capolavori di Antonello da Messina (1430 – 1479 circa) con il quale l’artista rivoluziona l’iconografia del dipinto di soggetto sacro e il sentire religioso del suo tempo.  Conclude il percorso la saletta degli argenti alberoniani nella quale spiccano due straordinarie opere di Angelo Maria Spinazzi (1693 –1785/1789): l’Ostensorio in argento gemmato e dorato, tempestato da oltre seicento lucenti e sfarzose pietre preziose, una delle più fulgide espressioni dell’oreficeria tardo barocca e il Busto reliquario di san Vincenzo de’ Paoli. Accanto a esse l’elegante Madonna con il Bambino realizzata da un argentiere napoletano operante nella prima decade del XVIII secolo, l’Ostensorio a sole con lunetta, opera di un argentiere romano attivo nel primo quarto del XVIII secolo e una selezione dei più preziosi argenti liturgici settecenteschi dalla cospicua collezione del Collegio Alberoni. In questo ambiente il posto d’onore è riservato allo straordinario dittico di Jan Provost (1462-1529) con la Madonna della fontana e il Bicchiere di fiori entro una nicchia. Le due tavole, di elevatissima qualità, la prima ispirata al Cantico dei Cantici, la seconda, che forse ne costituiva in origine il rovescio, una delle primissime nature morte della storia della pittura occidentale, sono presentate in uno spazio intimo e riservato, illuminate da una delicata luce che ne esalta la preziosità esecutiva.


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