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Le vecchie osterie di montagna tenute aperte dalle donne

Bianca, Silvana, Rosanna e Caterina. Quattro donne che tengono aperte, tutti i giorni dell’anno, anche quando c’è poca gente, le storiche osterie di montagna dei loro paesi: Castelcanafurone, Salsominore, Selva e Cassimoreno. Un viaggio nelle osterie di Valnure, Valdaveto e Val Lardana: «Potremmo chiuderle d’inverno ma vogliamo garantire un servizio»

da sinistra a destra: Bianca, Silvana, Rosanna e Caterina

Le vecchie osterie dell’Alta Valnure e Valdaveto tenute vive dalle donne. Osterie che potrebbero farsi i conti in tasca e tenere aperto solo in primavera e in estate, quando il clima è mite e le vallate si ripopolano maggiormente nei fine settimana e nei periodi di ferie. Ma che invece preferiscono continuare e garantire un presidio, una presenza, tutto l'anno.  Anche quando, guardando ai numeri, non converrebbe. Anche quando entrano solo una manciata di persone in un qualsiasi giorno feriale. Diamo così voce a quattro storie di “resistenza montanara” tutta al femminile, provenienti dallo stesso comune, Ferriere, ma che arrivano da quattro poli distanti del suo immenso territorio, che abbraccia Valnure, Valdaveto e Val Lardana. Sono le storie di Bianca, Silvana, Rosanna e Caterina che non mollano e lavorano ogni giorno per tante e per poche persone, portando avanti una tradizione di buona cucina sì, ma soprattutto di accoglienza. Quattro esperienze di tenacia tra le tante - sono ovviamente numerose le donne che gestiscono strutture nel capoluogo Ferriere, a Farini, in Alta Vardarda e Alta Valtrebbia, sarebbe impossibile raccontarle tutte insieme - della montagna piacentina. 

CASTELCANAFURONE, “DALLA BIANCA”

«Andiamo dalla Bianca». Quando si parla di "osterie di una volta", quella di Castelcanafurone, gestita dalla signora Bianca, è una vera istituzione. Ancora molto energica, gestisce il locale del marito Costante Cassola da 49 anni (!). «Prima era del padre, del nonno e del bisnonno di mio marito – sorride la padrona di casa -. In pratica la famiglia ha questo locale da duecento anni. Da Ferriere a Marsaglia, lungo la strada provinciale del Mercatello, c’è appena questo posto per pranzare». Come fa ad andare avanti? «Me la cavo – replica prontamente - perché l’osteria è di mia proprietà e ad aiutarmi ci pensano le mie due figlie. Se dovessi pagare un affitto e i dipendenti, non ce la farei. Al sabato e alla domenica la gente c’è, durante la settimana a pranzo vengono operai e lavoratori. In estate siamo degli esercenti come gli altri di pianura e di città, ma in inverno siamo un servizio per la comunità». Bianca fa subito notare una “stortura” della burocrazia. «È possibile che devo tenere due registratori di cassa? Uno per l’osteria-trattoria e uno per vendere pochi generi alimentari? Eppure è così… Basta venire qui a Castelcanafurone e capire che delle volte la burocrazia si mette proprio in mezzo…». Già, perché l’osteria è anche una bottega: pane, pasta e latte e prodotti per la casa. Ma quante persone vengono a fare la spesa qui durante la settimana? «Nei giorni feriali neanche uno», irrompe nel dialogo la figlia Gisella. «Però la bottega la tengo lo stesso – riprende il discorso la madre Bianca - e aspetto il fine settimana, qualcuno dalla vicina Brugneto viene sempre a comprare». Non pensa di mollare, vero? «Con l’età che ho vado avanti fin che posso, poi saranno le figlie a decidere cosa fare. All’osteria ci tengo, era di mio marito e mi piace molto fare questo lavoro, ho passione però bisogna metterci impegno per offrire prodotti casalinghi sempre all’altezza». Bianca s’incupisce un po’ soltanto quando pensa a quanti giovani popolavano nei decenni scorsi l’osteria. «Il ritrovo delle compagnie dei ragazzi della zona era qui, c’era talmente pieno che non ci stavano… Oggi, purtroppo, abitiamo a Castelcanafurone, in inverno, in sette».

 

SALSOMINORE, L’OSTERIA “AGOGLIATI” DI SILVANA

Per arrivare da Castelcanafurone a Salsominore – la nostra seconda tappa - è possibile passare anche per la “nuova” strada di Casale. Per qualche cittadino, abituato a ben altri percorsi, questo tortuoso e stretto percorso di montagna può già rappresentare un’esperienza inedita. Silvana Platè gestisce dal 1996 a Salso il “Bar ristorante Agogliati”. «Iniziai a lavorare con i miei suoceri – spiega Silvana - e ora siamo l’unico locale, aperto tutto l’anno, della zona. Gennaio e febbraio sono i due mesi più brutti dell’anno, perché di clienti non ne vediamo tanti. Si fermano a mangiare prevalentemente gli operai e tecnici della diga e della centrale idroelettrica. Nel giorno in cui viene meno gente varcheranno la porta in dieci». Già a marzo inizia a esserci un po’ di movimento in Valdaveto, soprattutto nel fine settimana. «Torneranno a breve anche i pescatori di trote dell’Aveto, mentre i clienti che ci conoscono passano sempre». E il via vai di genovesi e di motociclisti darà il suo contributo. L’alluvione del settembre 2015, almeno qui, è definitivamente alle spalle. «Hanno ricostruito tutto – confida Silvana - sinceramente non ce lo aspettavamo. Perfino la strada della Valdaveto è stata sistemata, nei primi momenti non lo avremmo detto. Anzi, in molti erano convinti che la centrale idroelettrica – distrutta il 14 settembre di quell’anno – non sarebbe ripartita. Invece hanno assunto anche dei giovani». Un cliente storico che non vuole essere menzionato ci segnala il piatto migliore: cotolette di trota (ovviamente pescate dall’Aveto). Silvana si fa aiutare dal figlio Marco, anche lui molto legato a Salso. «Noi che rimaniamo aperti anche nei mesi invernali, siamo un’eccezione – sottolinea la titolare -. Diciamo che tiriamo avanti con quello che guadagniamo in maggio, giugno, luglio e agosto, poi nel resto dell’anno siamo un vero e proprio servizio per la comunità».

 

SELVA, LA LOCANDA “MONTENERO” DI ROSANNA

Da Salso andiamo al Passo del Mercatello, e da qui raggiungiamo Selva. A pochi chilometri dal confine con il territorio genovese, la locanda “Montenero” è l’ultima possibile “sosta” piacentina. Qua i coniugi Giuseppe Pareti e Maria Ferrari, negli anni ’50, danno vita a un’attività commerciale di fiaschetteria e generi alimentari a Selva. Poi viene realizzata nel 1958 la strada provinciale Valnure 654, e così il locale si trasferisce sul tracciato. Diventa una locanda, ristorante e anche albergo - “Montenero” - e vengono rifocillati e ospitati gli operai che lavorano alla costruzione della strada. Venuto a mancare Giuseppe, Maria ha tenuto duro nell’osteria fino al 2016. Ora ci pensa la figlia Rosanna Pareti (coadiuvata, quando c’è bisogno, dalla sorella Gabriella), comunque sotto il suo sguardo esperto, a proseguire una licenza tramandata da 65 anni. «Fosse stato per mia madre – racconta Rosanna -, avrebbe continuato ancora, ma le forze sono venute meno. Però rimane un esempio, mamma Maria è una grande maestra in fatto di ricette, seguiamo soprattutto i suoi consigli. Ai suoi tempi ogni settimana c’era una festa, e d’estate c’erano tante famiglie con bambini che venivano qui». Molti piacentini si sono comprati la seconda casa a Selva, innamorati del posto e della montagna qui intorno. «E ritornano nei fine settimana, e hanno tramandato ai figli e ai nipoti la passione per Selva». Però questo inverno è mancata la neve. «Quando c’è, abbiamo molti più clienti, perché vanno al Passo dello Zovallo a fare escursioni. Tanti appassionati di montagna vengono qui, sia d’estate che d’inverno. Molti giovani legati da una grande passione per la montagna frequentano i dintorni di Selva. Piacentini, lodigiani e milanesi, i soci del Cai». Escursioni low cost, più vicine a casa o per chi ha meno tempo. Si arriva da Piacenza in un’ora per intraprendere un sentiero nel bosco per sentirsi già meglio e meno stressati. La strada provinciale, nel frattempo, è un colabrodo. «È peggiorata molto, una volta dicevano che appena si passava il confine con il genovese la differenza del manto stradale si vedeva eccome. Ora il problema della manutenzione lo subiscono in tutti i territori, anche se una strada tenuta peggio della nostra che passa per Selva è dura trovarla…». Tra questa e la provinciale del Mercatello, aggiungiamo noi, è una bella lotta a chi sta peggio.

Non le viene da gettare la spugna nelle giornate di maggiore solitudine? «Finché possiamo andiamo avanti, l’intenzione e la voglia c’è ancora. A noi piace tenere aperta l’osteria, potremmo lavorare solo da maggio in poi, invece preferiamo tenere aperto tutto l’anno per garantire un servizio». Anche qua c’è una bottega, molto vasta e variegata. Tanto che trovano spazio anche vestiti e giubbotti: può capitare che qualche ciclista, escursionista o fungaiolo “prenda l’acqua”. L’osteria è in grado di fornire anche un cambio. «Sarebbe importante – riflette Rosanna - ricevere qualche incentivo per resistere. Adesso siamo aiutati dai nostri clienti, che ci tengono. “Tenete duro”, ci dicono. E si fermano sempre, passano qui. Poco o tanto, qualcosa prendono. Questo ci fa molto piacere». Un angolo dell’osteria è dedicato ai libri. Sono da leggere sul posto? «No, se uno è interessato lo può prendere su. Inizialmente li abbiamo messi noi, poi ai clienti è piaciuta l’iniziativa e hanno iniziato a portarli loro. Li mettiamo in circolo». La passione per i libri di Rosanna e Gabriella ne rivela un’altra: quella per il dialogo e la conversazione. Hanno un’ottima memoria e possono raccontare tanto della montagna ferrierese: aneddoti, esperienze e storie di vita. «Io le ho viste tutte eh», sorride Rosanna, nel momento del congedo.

 

CASSIMORENO, L’OSTERIA DI CATERINA

A Cassimoreno, in Val Lardana, è ora di cena quando arriviamo a conoscere la titolare Caterina. Insieme alla sorella, accanto alla stufa, sta guardando un popolare quiz su Raiuno. L’osteria “Dallavalle” è aperta dal 1928 e a lungo è stata portata avanti dalla “Cleofe”, la figlia dei primi titolari e zia di Caterina, che poi ha iniziato a gestirla dal 1975. «A quei tempi – ricorda - a Cassimoreno e nei dintorni c’era ancora tantissima gente. Ora, durante la settimana, di residenti ce ne sono pochi e solo nel weekend la montagna torna a popolarsi. Ma che tristezza vedere la gente andarsene e i vecchi morire! Gli anziani di questi paesi “camminano” ancora, si danno da fare, sono “presenze” del territorio». Oggi sono passati un po’ di clienti? «Si, qualcuno è venuto da queste parti a prendere il caffè e un bicchiere di vino. È sempre meglio di niente. Curioso: oggi ho fatto 25-30 caffè, lunedì ne farò tre. A pranzo però ho fatto quindicina di coperti.  Se al mio posto ci fosse una famiglia giovane a lavorare, riuscirebbe a fare qualcosa in più. Ad esempio alla sera non faccio più di mangiare, mi limito al pranzo. E mi è stato ordinato di non prendere troppi coperti a pranzo». Chi ha impartito questo perentorio ordine? «I miei familiari, non devo strafare e esagerare. Purtroppo devo rifiutare qualcuno, quando ne ho troppi». Ad esempio stanno fioccando già le richieste per mangiare a Pasqua. «Lo faccio volentieri questo mestiere – prosegue Caterina nella piacevole chiacchierata -, ancora mi va bene. E per tenere aperta la struttura e pagare le bollette devo comunque lavorare e portare a casa qualcosa». Il piatto della casa? «Pisarei e tortelli con le erbette. Altrove i tortelli ti gonfiano: i miei no. Oggi ho fatto polenta con lo zampone, tortelli, ma pochi hanno scelto il roastbeef». Anche Caterina ha un suo negozietto di alimentari. «Ho tutti i prodotti, anche se vendo poco. Però, se qualcuno avesse bisogno, ho il necessario».

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