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“Littorina”, rimpianto valnurese: «Proviamo almeno a riportare a casa “Giuditta”»

Da servizio lungimirante allo stop del 1967: la “littorina” trasportava passeggeri e merci da Piacenza a Bettola. La Valtrebbia disse no a una sua linea ferroviaria. Il sogno dell’associazione “Culture per lo sviluppo locale”: riportare a Vigolzone “Giuditta”, la locomotiva del tramvai conservata da un rottamaio del reggiano

Il primo treno per Bettola sulla linea ricostruita dopo la guerra. Nella foto sotto, Ferruccio Pizzamiglio e Andrea Rossi

L’inaugurazione della pista ciclopedonale che collega Vigolzone con la sua frazione Villò è stata l’occasione per riportare a galla i fasti della “littorina”, il collegamento ferroviario che trasportava da Piacenza a Bettola passeggeri e merci lungo la Valnure. La pista ciclopedonale vigolzonese ricalca un chilometro e mezzo di percorso di quella linea, dismessa nel 1967 tra le proteste dei residenti. Lungo il tratto ora sono stati installati alcuni pannelli storici che richiamano una storia, quella del trasporto ferroviario in Valnure (valle con sempre maggiori difficoltà viabilistiche, troppo spesso dimenticate dalle istituzioni), che può apparire incredibile ai più giovani. Andrea Rossi e Ferruccio Pizzamiglio dell’associazione “Culture per lo Sviluppo Locale” hanno provveduto a tramandare la storia della littorina durante l’inaugurazione.

LA TRAMVIA A VAPORE

In principio la Valnure – da Piacenza a Bettola - era servita dalla tramvia a vapore dal 1880, costruita dalla società “The Piacenza Bettola and Cremona Tramway Company Ltd”. «Venne inaugurato il tratto – hanno ricordato Pizzamiglio e Rossi - fino a Pontedellolio il 16 maggio 1881, mentre quello da Ponte a Bettola l’8 luglio 1882. La velocità era di 12 chilometri all’ora in città e 20 in campagna: il tempo di percorrenza era di circa due ore e le corse giornaliere tre. Nel 1886 venne aggiunta una diramazione per Rivergaro, con partenza da Grazzano. Da Ponte a Bettola veniva sganciato un vagone per alleggerire il “tramvai”, vista la pendenza della linea». «Piacenza – è il commento dei due - aveva una intricata rete di trasporti tramviari, molto avanti per l’epoca. Era un esempio a livello nazionale per i trasporti su rotaia. A metà ‘800, addirittura, venne delineato il progetto di una linea Piacenza-Monte Penna per sfruttare le miniere di rame. Queste si rilevarono in poco tempo molto povere e perciò non se ne fece nulla».

In questa mappa del 1905 è possibile capire quante e quali linee erano in servizio (Piacenza-Bettola, Piacenza-Castelsangiovanni-Nibbiano, Piacenza-Cremona-Lugagnano) e quante in fase di progettazione all'epoca:  «Ogni vallata aveva la sua linea tranne la Valtrebbia. C’era un progetto di una linea Milano-Genova, passando proprio per la Valtrebbia, ma non si concretizzò mai per l’ostilità di molti proprietari della valle». L’orologio del progresso corse veloce e la tranvia cessò il suo servizio nel 1933, con l’apertura della ferrovia. Il tratto per Rivergaro venne soppresso e mai più ripristinato. 

 

DAL TRAM A VAPORE ALLA FERROVIA

Di tutta la rete tramviaria della provincia la linea Piacenza-Bettola (detta “La Littorina”, da “littorio”, eravamo in epoca fascista), fu l’unica ad essere trasformata in ferrovia ed elettrificata dalla “Sift”. Ma in Valnure i percorsi non combaciarono: la prima entrava nel cuore dei paesi, al centro. L’altra, no: ne è una dimostrazione proprio il tratto di ciclopedonale, che oggi passa per le viti delle cantine Romagnoli di Villò. «Inaugurata il 21 aprile 1932 – hanno spiegato Pizzamiglio e Rossi - iniziò le sue corse il 27 settembre 1933: fu la prima linea in Italia ad adottare criteri di metropolitana di superficie, con luci notturne, semafori luminosi e passaggi a livello». «La partenza era dalla vecchia stazione di Piacenza, di fianco a quella ferroviaria, che sfruttava poi la sede stradale – passando da via Colombo a via Europa – per poi immettersi in Valnure». Le fermate erano Piacenza Lupa, San Bonico, Gariga, Podenzano, Grazzano Visconti, Vigolzone, Villò, Albarola (con una fermata alle cave), Pontedellolio, Riva, Molino Croce, Biana, Recesio, Roncovero e Bettola. «A Grazzano la stazione rispettava lo stile medievale del paese, mentre dal punto di vista ingegneristico l’opera più ardita fu il ponte in curva sul Nure a Pontedellolio, progettato dall’ing. Arturo Danusso del Politecnico di Milano. La ferrovia trasportava anche merci, soprattutto il materiale estratto dalle cave e dalle miniere destinato ai cementifici di Piacenza». In città passava vicinissima alle più importanti fabbriche. La littorina subì molti danni durante la II Guerra Mondiale, che costrinse a diverse modifiche: la più significativa fu lo stop al ponte di Pontedellolio. La tratta si divise in due per qualche tempo. Il servizio non era esente da disservizi: pare che le prime locomotive fossero piccole e poco potenti. Qualcuno sostiene che in salita, con tanto carico, un po’ di gente era costretta a scendere e spingere tra Ponte e Bettola. Inoltre un vagone, un giorno, si sganciò a Pontedellolio in salita e scese verso la pianura cittadina in solitudine, prima di essere recuperato.

«Giancarlo Anselmi, testimone pontolliese scomparso di recente, ricordò invece che la vendita dei biglietti a Pontedellolio fu affidata alla madre di Tullio Solenghi, noto personaggio televisivo del trio comico con Anna Marchesini e Massimo Lopez», precisano i due ricercatori. «Grazzano Visconti – continuano il racconto sempre Pizzamiglio e Rossi - aveva ben tre stazioni: davanti all’accesso attuale del parco del Castello, dalla tabaccheria che si affaccia sulla Provinciale e la terza passava al centro del paese, ma di questa non c'è rimasto neanche un piccolo segno». «A Bettola la stazione-capolinea era nell’area dell’ex Consorzio Agrario (oggi sede Coldiretti), poco prima del ponte (in città si partiva da Borgo Faxhall-rimessa Berzolla). Nel tragitto si fermava ad Albarola nelle cave per caricare e scaricare materiali. Anche tra Pontedellolio e Biana, il convoglio si fermava in una galleria e caricava materiali da una miniera». Questo servizio però ebbe una fine. Il 30 aprile 1967 è il giorno dell’ultima corsa e della morte del trasporto sui binari in Valnure, collegamento da molti rimpianto.

IL RIMPIANTO E UN SOGNO: «RIPORTARE QUI LA “GIUDITTA”»

Perché la ferrovia venne smantellata? Gli ultimi bilanci Sift relativi a questa linea erano "in rosso". Alcune testimonianze dell’epoca sembrano però suggerire che dietro questa scelta ci fu la spinta della “Fiat”. La più importante azienda italiana premeva sulle istituzioni e sui Governi per favorire il trasporto su gomma e su strada. La politica italiana ha dato molto ascolto a questa esigenza “protezionistica” e la Piacenza-Bettola è stata smantellata. «La protesta piacentina – ricordano i due ricercatori, Pizzamiglio e Rossi - arrivò anche in Parlamento, senza successo. E oggi, purtroppo, non c’è rimasto quasi niente di quell’opera». Dov’è finì la littorina? «Una parte in Calabria, alcune vetture a Benevento. Ma oggi là non vi è più nulla». L’associazione “Culture per lo sviluppo locale”, però, culla un sogno. «A Reggio Emilia, da un rottamaio, è rimasta l’ultima locomotiva del “tramvai” ancora esistente. È un vero rottame, però sarebbe bella riportarla a Vigolzone e posizionarla da qualche parte e creare un piccolo museo dei trasporti su rotaia. I tramvieri e ferrovieri amavano dare i nomi delle proprie mogli ai mezzi: quella ritrovata dovrebbe essere - anche se manca l'assoluta certezza - proprio “Giuditta”, la locomotiva valnurese».

 

L'ALBUM FOTOGRAFICO DELLA "LITTORINA"

San Bonico e Podenzano

 
 
 

Grazzano Visconti

 

Vigolzone, Villò e Albarola

 

Pontedellolio, Riva e Biana

 

Bettola


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