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«La valle del silenzio»: alla scoperta della Valtolla

Dall’ex monastero dei frati benedettini ai monti Lama e Menegosa: l’escursionista, blogger e fotoamatore Sergio Efosi racconta da anni le bellezze di questa poco conosciuta fetta di Alta Valdarda

Sergio Efosi

Zaino in spalla e “via andare”. Il nostro viaggio sull’Appennino piacentino è arrivato fino in Valtolla. Ma cos’è la Valtolla e, soprattutto, dov’è? Per saperne di più, valicato il confine della diga di Mignano – al confine tra Lugagnano e Morfasso – ci siamo rivolti a Sergio Efosi. 66enne, dirigente in pensione, nativo di San Lorenzo di Castellarquato. Abita a Fontana Fredda, frazione di Cadeo, ma appena può si rifugia nel suo “buen retiro” a Vezzolacca di Vernasca. Efosi è un grande conoscitore di sentieri ed escursioni di questa zona, di cui è appassionato da sempre. Ovviamente, da quando è in pensione, il tempo dedicato a queste passioni è maggiore.

«Conosco bene tutta la Valdarda – spiega Efosi, prima di accompagnarci a fare un giro in questa fetta di territorio di montagna -, terra che ho approfondito e fotografato in ogni angolo. Amo le foto paesaggistiche e ambientali, ma anche quelle che riprendono le architetture locali, le case di pietra, i nostri monumenti, perché rappresentano chi noi siamo». Efosi, di Valdarda è anche un «narratore», scrive spesso a quattro mani con Fausto Ferrari. Molte le pubblicazioni, l’ultima un libro dedicato ai sentieri di Morfasso. Ma anche la vita di Santa Franca e i cammini sui “suoi luoghi” valdardesi, enogastronomia locale (ristoranti, osterie, vini, piatti, il più recente è “Dal Monterosso ai Pisarei e Faso”, excursus sulle cantine e ristoranti migliori che li propongono). Scrive anche per i “Quaderni della Valtolla”, rivista storica. Ora sta lavorando a una seconda edizione del libro sui sentieri. «Il ricavato di queste pubblicazioni lo utilizziamo per sistemare cartelli e percorsi». La sua scrittura 13 anni fa si è trasferita anche online: cura il sito “Valtolla’s blog”, recentemente attivo anche su Facebook. Tratta talmente tanto di Valtolla che si è impersonificato nella vallata a tal punto da farsi chiamare “Sergio Valtolla”.

DOVE E’ NATA LA VALTOLLA

Il tour parte dalla chiesa abbaziale della Valtolla, quello che una volta – molto tempo fa – era il monastero dei frati benedettini. «La Valtolla è questa – spiega Sergio, facendoci vedere l’area degli scavi che hanno riportato in superficie la struttura - è tutto ciò che si può vedere da questo monastero». Ma i confini “esatti” di questa valle? «Abbraccia i territori di Lugagnano, Vernasca, Morfasso e una piccola parte di Gropparello e Castellarquato. L’alta Valdarda è la Valtolla». Ora è tutto chiaro. Ma sulla fondazione del monastero gli storici non vanno d’accordo. Per Pietro Maria Campi è del 680, per Cristoforo Poggiali anticipa addirittura il ‘600. «I frati erano cruciali per la vita di questa valle, hanno costruito un tessuto sociale ed economico importante. S’insediarono qui per presidiare la “Via degli Abati” per Pontremoli, la strada che divide l’Appennino dal Centro Italia». L’area dell’abbazia è protetta. Circa dieci anni fa, dopo alcuni scavi, riemersero le mura e un altare. L’obiettivo del Comune di Morfasso, un giorno, è di rendere fruibile per le visite l’abbazia. Ma servono finanziamenti.

L’ORIGINE DEL NOME "VALTOLLA"

Valtolla è un nome curioso. Da dove deriva? «Gli storici locali - riporta Efosi - si sono chiesti cosa significasse. Abbiamo due teorie. Da una parte chi dice che ci arriva da “tular”, cippo, terra di confine. Ma potrebbe anche essere che, quello che oggi chiamiamo monte “Croce dei Segni”, fosse una volta il monte Tollara, nelle mappe dell’800. Infatti nei pressi esiste un paese denominato “Tollara”. Io propendo per questa tesi: i frati erano “di Tolla” perché il monastero nacque vicino al monte Tollara. E con le pietre prese da qui costruirono la loro abbazia. Solo successivamente è diventata Valdarda, per semplificare».

 

SENTIERI

I boschi del piacentino, per Efosi, dal colle al monte, versano in una condizione di gravissimo abbandono con una devastazione tale da rischiare la loro definitiva scomparsa in vasti tratti. Così, nel 2017 e 2018, con alcuni amici, ha provveduto alla tracciatura, sistemazione e “informazione” di 14 percorsi escursionistici in Alta Valdarda. «Quando ci sveglieremo sulla valorizzazione delle risorse naturali…sarà tardi. I sentieri vanno tenuti bene, resi fruibili, tutto l’anno. Non è un capriccio. Vanno mappati e geolocalizzati. Il turista che viene a Castellarquato o Vigoleno, o in Valtrebbia a Bobbio, ci mette un giorno per vedere bene i borghi, poi sente la necessità di fare altro, se vuole stare qui l’intero weekend». E che cosa abbiamo da offrire al turista? «Le nostre vallate. La Valtrebbia è stupenda. L’Alta Valnure ha residui ben visibili delle ere glaciali. La Valdarda è la culla della terra del Piacenzano, qua ci sono le testimonianze precise del golfo padano, di quando c’era il mare, con resti fossili di balene e cetacei».

LE VETTE DELLA VALTOLLA

Un luogo che merita di essere visitato? «Direi i monti Lama e Menegosa, soprattutto il secondo è uno spettacolo a 360°. Se c’è una bella giornata di sole, da lì puoi vedere la Valnure a sud e una parte della Valtrebbia. A nord, tutta la Valdarda. Compresi tutti i monti piacentini». «Questa per me – riflette guardando dall’alto verso il basso, poiché durante la nostra chiacchierata siamo arrivati in cima alla Rocca dei Casali di Morfasso - è la “valle del silenzio”. Siamo lontano dai rumori, poche auto per le strade. È disinquinante, non c’è caos. Solo pace». La rocca è la falesia calcarea più importante dell’Emilia occidentale. Oggi è anche una palestra di arrampicatori, sopra il torrente Arda. «Era una terra di briganti, i frati ti proteggevano, ma dovevi versare a loro un dazio per attraversare il territorio». Ma anche il parco del monte Moria, nonostante il gelicidio, merita una menzione. 

TERRE D’EMIGRAZIONE

Difficile fare una classifica, ma la Valtolla potrebbe essere tranquillamente la zona che ha visto andarsene la percentuale più alta di emigrati. «Era una terra di miseria. E quindi di grande emigrazione. Basta leggere il diario del capitano Antonio Boccia dei primi dell’800. I residenti sono andati nel mondo perché facevano letteralmente la fame». Inizialmente America del Nord e del Sud. Poi, Francia e Gran Bretagna. Timidi segnali di ritorno ci sono. «A Vezzolacca conosco cinque famiglie che hanno figli adolescenti o bambini. Sono artigiani e agricoltori che ritengono possibile stare lontani mezz’ora dalla via Emilia. Si può fare. Certo, nella parte più alta della Valdarda è più dura, la distanza aumenta». Per il nostro accompagnatore è essenziale mantenere «decenti» le strade. «E curare le frane. Non si può tamponare, bisogna sistemare il dissesto dove si presenta. Altrimenti la gente non ci sta a vivere in una zona considerata abbandonata, perché il timore di essere isolati – anche qualche giorno all’anno in inverno - fa scappare».

AI CONFINI DELLA PROVINCIA

A Efosi chiediamo quale sia il confine più estremo della “sua” Valtolla. «Sicuramente Teruzzi, a sessanta chilometri da Piacenza, è il paesino più lontano, insieme a Santa Franca. Sono zone dove lavorano soprattutto gli allevatori di cavalli bardigiani, tutti iscritti al libro genealogico della razza. Teruzzi è costruito sulla roccia, è l’ultimo paese della Valdarda: sono molto legato a questa frazione perché è la base di partenza di tante camminate. Si lascia l’auto al cimitero e si parte a piedi, tra il Lama e il Menegosa».

UNA ZONA DA NON DIMENTICARE IL RESTO DELL’ANNO

Da qualche tempo il blogger trova molti non piacentini lungo i sentieri. Finita l’estate, però, ridiventano luoghi un po’ desolati. «L’escursionismo si deve fare anche nelle altre stagioni, a maggior ragione quando c’è più ancora più “pace”. Questi luoghi sono meravigliosi soprattutto in autunno, quando le vallate perdono il “verde” e si colorano di fogliame. Il popolo degli escursionisti sta aumentando in maniera esponenziale così come chi pratica mountain bike. L’obiettivo è aumentare la platea, non solo in estate». A furia di discutere di Appennino e Valtolla, siamo arrivati sotto le pendici del Menegosa. Ma è tardi e lo affronteremo un’altra volta. L’escursione, per oggi, è finita. Qui montagna, a voi città.

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