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«L’Appennino è bellezza e sacrificio, un posto per resistenti che offre tanto»

L’escursionista piacentino Davide Galli, presidente nazionale delle guide ambientali: «La nostra montagna non è di serie “B”, abbiamo milioni di persone che abitano sopra il Po che non vedono l’ora di scappare». «Le scuole di montagna sono intoccabili: se smette di suonare una campanella, perdiamo il battito del cuore dei nostri paesi»

Davide Galli, presidente nazionale Aigae

L’escursione più bella del Piacentino? «La zona del Monte Nero e del Lago Nero a Ferriere è la più bella in assoluto, ha caratteristiche uniche nel territorio italiano, per le rocce, l’ambiente». La più sconosciuta, che meriterebbe maggiore appeal? «Il monte Menegosa, è particolare». Il piacentino Davide Galli, classe 1972, grafico pubblicitario, abita con la moglie e i due figli in Val Noveglia a Bardi, nell’Appennino parmense, ed è presidente nazionale Aigae, l’associazione italiana guide ambientali escursionistiche.

CHI SONO LE GUIDE AMBIENTALI

Davide è formatore e istruttore per corsi di guide ed escursionismo. «È uno stile di vita – spiega meglio -, si accompagnano le persone e si racconta la natura. Non si tratta solo di camminare, ma si entra nella storia, nelle tradizioni, nella conoscenza dei luoghi che si attraversano. Questa attività si è sviluppata molto inizialmente in Valtaro e Valceno nel parmense, ma ora l’escursionismo ambientale è esploso, soprattutto nel Piacentino faccio sempre il tutto esaurito, e così anche i miei colleghi con i loro gruppi». Le guide hanno fatto un corso e passato un esame, sancito da una legge regionale ad hoc dell’Emilia-Romagna. Sono 150 le ore di accompagnamento, orientamento, tecniche di narrazione, cartografia e pronto soccorso, prima dell’esame finale. Il corso è iniziato da poco: a Piacenza si sono svolte le lezioni teoriche e questo fine settimana a Ferriere, nella zona del Lago Moo, le prime lezioni pratiche all’aperto di cartografia. È un vero e proprio mestiere? «È una professione che può integrare il reddito, ma alcuni la stanno trasformando in un’attività a tempo pieno. Non si diventa ricchi, però uno stipendio da operaio lo si può portare a casa, stando però all’aria aperta a contatto con la natura». Galli lo fa part-time. «Sono uno di quelli che vive in montagna facendo un paio di mestieri per mantenere la sua famiglia qui. Questa sicuramente è l’attività più appassionante, non sembra neanche un lavoro». Il settore vive un “boom”. «Si sta così alzando la qualità, gli obiettivi, i progetti delle guide piacentine. Molti di questi colleghi hanno scelto di cambiare vita, di allontanarsi dalla città il più possibile e cambiano lavoro». In autunno verrà organizzato un nuovo corso, sempre diviso tra Piacenza e Ferriere.

IL TRASFERIMENTO DALLA CITTA’ A BARDI

Davide è un “piasintein dal sass”, nativo della Muntà di Rat. «Non avevo legami familiari con la montagna, tranne qualcuno che durante la Resistenza si è rifugiato lì, perché si sa, la montagna nei momenti di crisi è rigeneratrice». «La passione – prosegue - è nata con le famose passeggiate al mare che venivano organizzate da Piacenza alla Liguria: cominciai giovanissimo con queste esperienze di grande benessere». Nel 2004 sceglie di trasferirsi con la famiglia sulla montagna parmense, nel territorio di Bardi. «Avevo un figlio di un anno e una di tre: è stato un “cambio vita” improvviso su cui ho pensato solo poche ore». La Coop gli offrì di curare la sua comunicazione, con un ufficio sperimentale in Valceno, frutto di un progetto dell’Ibm, che fece arrivare la banda larga a Bardi. «Nel Piacentino non c’era ancora l’Adsl e a Bardi avevano già la fibra ottica: così in pochissimo tempo decisi con mia moglie di trasferirmi». Una dimostrazione vivente di come il telelavoro, per determinate professioni, è una possibilità. «Quando l’ho fatto nel 2004 “si passava da matti”, ora è più facile. Rimane però l’idea che fuori dalla città c’è “il deserto dei Tartari”, ma grafici, informatici, impiegati che devono stare tutto il giorno davanti a un computer, senza contatto con il pubblico, possono lavorare senza per forza vedere un capannone fuori dalla finestra dell’ufficio». Poi Davide trovò un corso a Borgotaro da guida. E lì è iniziata la sua storia con l’escursionismo, che lo vede oggi essere il responsabile nazionale delle guide ambientali.

 

APPENNINO PARMENSE E PIACENTINO

L’Appennino parmense è diverso da quello piacentino? Più vivo? «Non ci sono grosse differenze – risponde - se non nel modo di “sentire” la montagna. A Piacenza si crede meno nei progetti (anche se adesso da Ferriere qualcosa si sta muovendo), mentre a Parma c’è un grande orgoglio, che spesso si trasforma in un “gasamento” esagerato. Però questo “nazionalismo parmense”, valorizza maggiormente i paesi. La montagna piacentina, però, non teme confronti: Valtrebbia, Alta Valdarda, Valdaveto, Alta Valnure, Valtidone hanno una bellezza unica. E al pubblico di milanesi piacciono questi territori. Abbiamo milioni di abitanti sopra la testa che non vedono l’ora di scappare e vivere un po’ di Emilia, di stare nei nostri polmoni verdi, di mangiare la nostra cucina».

GLI ESCURSIONISTI DA ATTRARRE

La Lombardia è un bacino d’utenza importante per noi o per loro siamo marginali, rispetto ad altre mete? «Il potenziale di crescita è enorme. I milanesi che vengono nella nostra provincia rimangono stupiti dalle nostre montagne, tutti dicono che “non se lo aspettavano” un Appennino così. C’è la tendenza a giudicare di serie “B” l’Appennino in relazione alle Alpi, invece abbiamo un fascino nascosto e paesaggi più intatti e meglio conservati». La riflessione è a tutto campo. «Sta funzionando per ora molto bene il turismo “di una giornata”, ma dobbiamo iniziare a parlare di pernottamenti e fare un salto di qualità. Intanto facciamo il corso per le guide per potenziare l’offerta. I sentieri sono in ottima salute, ben segnalati e curati da volontari in gamba, soprattutto del Cai. Poi si dovrà pensare a fornire più pacchetti per l’escursionismo». Ad esempio Davide punta molto sulla Via degli Abati, da Bobbio a Pontremoli, quattro volte all’anno. «È un prodotto turistico maturo, che funziona e mi tiene impegnato per un mese. È un percorso di 7-8 giorni di camminate che dà vigore a paesi piacentini come Coli, Mareto e Groppallo, che vedono arrivare turisti che mangiano e dormono sul posto».

«L’ITALIA PUNTA A DIVENTARE UN’IMMENSA BRIANZA…»

La scomparsa dell’Italia rurale, per Davide, è un dramma dimenticato. «Il territorio italiano intorno alle città punta a diventare un’immensa Brianza: geograficamente, economicamente, socialmente e culturalmente. Con immensi concentrati di case, prefabbricati, ponti, autostrade, cemento. Senza più la possibilità di distinguere il territorio e le sue aggregazioni. Dove tra un paese e l’altro non c'è più nemmeno campagna e solo un cartello stradale ti annuncia dove saresti, quando in realtà sei sempre nell’unico e immenso luogo senza identità». E la politica non si fa più vedere a certe latitudini, a meno che non sia Cortina d’Ampezzo o Courmayeur. «Finito un numero decente di voti per poter essere utile a qualcuno, l’Appennino è stato dimenticato».

IL FUTURO PASSA DA ALCUNE SCELTE: SCUOLE INTOCCABILI

Fra vent’anni esisterà ancora l’Appennino? «Alle proiezioni attuali – risponde all’indelicata domanda – avremo molte frazioni che scompariranno. Serve un colpo di reni, servono sindaci battaglieri e vivaci, con l’orgoglio di appartenenza e la voglia di rilanciare. A Berceto di Parma l’attivismo ha portato a invertire il trend demografico, non ci si è limitati a fermare l’emorragia. Se si indovinano i progetti e ci si mette passione…». Anche lui spera che sempre più giovani famiglie facciano la sua stessa scelta. «La qualità di vita nella pianura sta crollando vertiginosamente, se continua così qualcun altro ci penserà. La politica può intanto fare il suo: dobbiamo pensare meno alle strade e più ai servizi. Scuole e asili sono intoccabili, se smette di suonare una campanella, perdiamo il battito del cuore dei paesi. Altrimenti le famiglie scappano. Non è più tempo per le grandi infrastrutture, dieci minuti in auto in più si possono fare, ma la scuola e i presidi sanitari non possono mancare». C’è tempo ancora per un paio di riflessioni. «L’Appennino – conclude Davide - è un paradiso in cui vivere, se si ha un lavoro. Io ho avuto la fortuna di trovarlo e ho scelto di crescere qui i miei figli, in una situazione di benessere, in un contesto privilegiato. Il nostro Appennino è bellezza e sacrificio, un posto per resistenti, che sa offrire tanto».

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