Anticaglie

Non c’è più religione

Una frase questa che fino a qualche tempo fa veniva usata con senso di stupore quasi provocatorio, per segnalare qualcosa di scandaloso che non andava in base alle nostre credenze ed usanze religiose e che riguardava il nostro modo di essere. Insomma si trattava di una denuncia a fior di labbra che per il suo intento di provocazione, volutamente esagerata, nessuno prendeva in seria considerazione. Solo quindi il senso di un motto di spirito per denunciare un comportamento strano e inusuale non in linea, come dicevo, con le nostre abitudini di individui che devono rispettare le regole civili. Le quali dovevano essere intese come un tutt’uno con il campo religioso. Questo in un tempo neanche tanto remoto. Oggi tutto è cambiato. La frase ha perso il suo valore di superficiale denuncia e nessuno la pronuncia più, perchè non fa più parte del modo di essere di una persona, per non dire di un popolo. Il perché è presto detto.  Ci siamo talmente abituati ad un comportamento che non tiene più conto delle norme religiose, per cui non serve richiamarle, nemmeno per scherzo. Una condizione questa che ha creato nella società una strana condizione, imputabile ad una mancanza di memoria. Come se il passato con tutto il suo carico di abitudini e norma di vita, fosse solo un tempo ormai esaurito ed il presente non ne tenesse conto. Una strana e incomprensibile condizione questa, la perdita della memoria, in un periodo come il nostro, dominato dalla scienza alla quale chiediamo ogni spiegazione del nostro modo di essere. Ecco allora il punto. Siamo tutti presi dall’esigenza del corpo, mentre cosa sia lo spirito l’abbiamo dimenticato. Ho detto prima della causa, la perdita della memoria. Ma, ripensandoci, forse non è così. Qualcosa di nuovo e di più grave per chi come me si ostina a credere è accaduto. Questo. Lo spirito inteso come componente spirituale dell’uomo è scomparso e la memoria c’entra poco o punto. E con lo spirto è scomparsa anche la fede religiosa che lo alimentava e da cui era alimentato. Le legge del corpo ha preso il sopravvento ed ha eliminato l’altra componente, quella spirituale, che nella religione trovava il suo fondamento e la sua giustificazione. La nostra religione, il cristianesimo, sembra dunque entrata in agonia. Attribuire a questa il perché del senso della vita e la sua visione escatologica, diventa un esercizio che sembra fuori dal tempo presente. L’unico tempo questo che tutto comprende, il futuro che si è ridotto all’oggi ed il passato che è stato, come già detto, eliminato. In questo clima anche la Chiesa ci mette del suo. La pandemia è stata il mezzo ed il fine di quel che appare sotto gli occhi di tutti, vale a dire il trionfo della legge, diventata ecumenica del corpo e di cui lo stato è il mallevadore. Il rischio contagio è entrato quindi attraverso le porte, un tempo chiamate sante ed ora quasi dimentiche del loro celeste appellativo. Le liturgie si riducono nella frequenza e nel tempo messo a diposizione. I fedeli, quelli rimasti, devono obbedire alle norme statali, distanziarsi e rinunciare all’acqua benedetta. Pratica questa, diventata obsoleta, in quanto le acquasantiere, rispettose delle disposizioni, sono dimentiche, nella loro asciuttezza, dell’antico  liquido contenuto, causa il contagio che non rispetta nemmeno, con l’approvazione degli stessi canonici, i luoghi santi. Anche i canti sono visti di mal occhio per i motivi che sappiamo. Infatti le mascherine non sono sufficienti per non diffondere il virus. E poi diciamocelo apertis verbis, vale dire in modo esplicito. A cosa  dovrebbero servire i canti se  non a riproporre antichi modi liturgici, ora passati di moda e non più rispondenti alle nuove leggi canoniche, volute , imposte  dallo stato ed accettate  supinamente  anche dai ministri della religione, in cui il corpo acquista un significato totale dimenticando ogni altro simbolismo, comprendente anche quello della croce. Meglio ancora di un Dio che si è fatto uomo e che in quella condizione è rimasto. A cominciare dalla nascita, il Natale, la cui celebrazione religiosa quest’anno, in base alle nuove disposizioni statali, deve essere anticipato per le solite questioni di opportunità e salute corporea. Condizioni queste che vengono  ben accolte come se tradizioni, simbolismi  con tutti i loro significati  delle abitudini sociali, ormai entrati nelle nostre convinzioni, di colpo venissero gettate al macero, come fossero illusioni o fantasie, di colpo diventate collettive, A questa religione di stato, per la verità qualche piccola reazione si verifica. E’ quella di una parte della Chiesa che non ci sta a questa deriva solo corporea. Che si richiama  alla legge dello spirito che trova il suo fondamento nella vecchia liturgia. Nell’uso della lingua latina. Nell’offrire la massima cura degli altari in fatto di luci, addobbi e arredi. Corredati  dalle statue dei santi o padri della Chiesa che testimoniano attraverso le loro espressioni estatiche ed insieme ammonitrici l’antica e mai sopita fede. E  in aggiunta con l’ostensione,  per le celebrazioni, dei più preziosi paramenti sacri,  intessuti di fili d’oro e d’argento, non  a gloria degli uomini, ma  del Dio absconditus, che non si vede. Da ultimo, con  il ricorso ai canti gregoriani che rivelano l’antica forma di fede, espressa dalla bellezza ispirata di  una armonia  di forme e di contenuto senza tempo,  oggi sostituita dai silenzi eloquenti e assordanti delle nuove forme di culto, banalizzate  nella loro semplicità e addirittura offensive nelle loro architetture moderne, più simili a magazzeni, a capannoni tutti uguali che non a luoghi di culto. E’ questa la Chiesa dei nuovi resistenti alle mode. Che ancora si ostinano a pensare che non tutto è passato. Anzi che il passato deve continuare ad esistere, altrimenti la mancanza di futuro, diventerà un eterno presente senza Dio. Da quanto finora detto, si deduce allora che qualcosa è cambiato nella società. Che   una nuova mentalità  si è costituita  nel mondo, tutta orientata a difendere la salute del corpo facendo arretrare, fra  le cose dimenticate o da dimenticare, la salvezza di quella che un tempo veniva chiamata anima. E’ come se la realtà attuale, dominata dalla nuova religione chiamata scienza, si fosse impadronita dell’essere uomo, tutto preso dalle sue uniche esigenze  di soddisfare questa  componente fisica. Trattasi di una nuova realtà, la nostra, che ha condizionato il nostro modo di pensare. Ed allora il pensiero va, non so come e perché, al grande filosofo Kant. Con la sua legge morale basata sul dovere e non sul piacere. E con il suo cosiddetto imperativo categorico. Che sarà pure categorico, ma con una differenza fondamentale. Che oggi la conoscenza non è più legata ad un processo a priori, come diceva il filosofo tedesco, la quale tiene conto della realtà per poi sopravanzarla, ma solo del condizionamento della realtà stessa. Insomma, per richiamarmi ancora con vaghi ricordi alla filosofia liceale, sembra prevalere oggi il fenomeno e non il noumeno,  inteso come pensiero. Il quale non è solo pura ragione in sé, ma ragione delle cose, riguardante tutto l’essere, un insieme di mente e corpo con tutto la sua componente spirituale, cui aggiungiamo il significato di anima. Per continuare con le antiche memorie, il pensiero va all’anima mundi, di origine platonica, da cui nasce il mondo fisico, ma che rimanda ad un’unica anima universale. Che il cristianesimo ha chiamato Dio e da cui nasce la differenza fra bene e male. Ebbene tutto questo oggi è caduto di moda, ed allora cosa ci resta da fare per chi ancora non dimentica il passato. Resistere, resistere, resistere, ma senza evocare il detto del defunto procuratore Borrelli.  Perchè nonostante anche lui abbia a suo modo pensato di differenziare il bene dal male, colpendo in senso laico- giuridico quello che appunto considerava  la parte  sbagliata dei comportamenti, ma senza spesso colpire il bersaglio, ben altre cose con questo  mio scritto ho voluto  intendere : la riscoperta dell’anima cristiana.  E scusate se è poco.