Una favola di Natale (come essere buoni)
Spigolistro era un signore di una certa età. Per la verità era difficile stabilirne gli anni. Da sempre infatti si presentava alla gente con fare un po’ trascurato, ma senza eccessi. Cappotto di vecchio stile un po’ logoro ai lati delle tasche e sul colletto , pantaloni spiegazzati, camicia bianca ma ingiallita e cravatta a sghimbescio. Viso profilato, dal colorito pallido su cui si ergeva un naso prominente e curvo. E poi ancora. Occhi infossati e piccoli e un po’ cisposi, capelli scarsi e sfuggenti che da tempo avevano dimenticato l’uso del pettine, corpo rinsecchito e incurvato in avanti sostenuto da due piedi con scarpe appuntite, di un cuoio dal colore indefinito. In cui le varie aggiunte di elementi raccolti per strada, avevano conferito quel di più di apposizioni, che definivano con difficoltà la tinta originaria. Forse di un primitivo nero opaco, da tempo caduto e scaduto in un cupa tinta nero-grigiastra. E questa tinta infatti era il contrassegno identificativo di quell’uomo sia per quanto riguarda l’abito, sia metaforicamente per quanto concerne il carattere atono. Dicevamo che il corpo era incurvato in avanti ed il motivo c’era, perché la sua principale occupazione era guardare in basso, verso terra. Chissà mai che potesse trovare qualcosa di utile. Ad es. un soldino da mettersi in tasca per convincersi meglio sul suo desiderio di fare del bene. Vale a dire essere generoso verso il prossimo. Cosicché per esserlo veramente, non disdegnava di incrementare i suoi averi anche attraverso appunto il ritrovamento di qualche spicciolo perso dalla gente. Perché tutte le persone, a differenza di lui, così pensava, non erano degni del dono della beneficienza, se non si curavano della perdita di una moneta, anche se si trattava di un solo centesimo. Spigolistro, per la gente che non lo conosceva, poteva sembrare allora un taccagno, ma non era così secondo il suo parere. Un volere, il suo, che avrebbe voluto far diventare il potere di aiutare gli altri. Di elargire beneficienze, di essere caritatevole in quanto non esisteva, per lui, modo migliore per essere in pace con la sua religiosa coscienza. Lo richiedeva un imperativo morale secondo il quale alla fine di ogni giornata, poteva dire di aver soddisfatto il suo obbligo morale verso Dio. Convinto che per realizzare questo imperativo non doveva curarsi degli altri. Questo il suo modo di ragionare: il mondo è pieno di maldicenze e più uno fa del bene più suscita gelosie e inimicizie. Ma che importa egli diceva, per darsi tono, il bene non è mai solo ed il male si insinua anche nelle migliori circostanze. Quel giorno d’inverno di prima mattina, prossimo al Natale, Spigolistro avanzava per la strada con il solito passo misurato e cauto. Per di più sospettoso verso la gente che non sapeva o non voleva conoscere le sue virtù. Ad un angolo della strada vide un vecchio vestito di cenci appoggiato al muro di un palazzo, tanto povero che più povero non si poteva immaginare. Affiancato da un cane assopito, tanto macilento che forse non aveva la forza di rialzarsi dalla sua posizione sdraiata, aveva le zampe anteriori magre ma ingrossate alle giunture, su una delle quali, verso la parte alta della coscia, si vedeva una ferita di vecchia data poco rimarginata che sembrava un guidalesco . Ritornando all’uomo, questo teneva una mano protesa in avanti, nel modo solito che si usa per chiedere la carità, ma con timida discrezione.
_Buon uomo disse Spigolistro, voi avete bisogno di un aiuto, vero?
_ Ho due figli ed una moglie a carico che da giorni non mangiano, se avete la bontà di…
-Certo- rispose pronto Spigolistro e fece una delle sue solite mosse che ripeteva in quelle circostanze: mettersi una mano nella tasca del cappotto, alla ricerca di qualcosa. Ma, quasi colpito da una scarica elettrica, prontamente la ritrasse. E subito si affacciarono nella mente le solite domande. Chi sarà costui ? Fra i tanti che chiedono la carità, chi fra di essi, finge? Chi mostra indigenza ed invece non ha bisogno di nulla e vuole togliere il pane a quelli che viceversa il bisogno ce l’ hanno veramente?. Questi pensieri sembravano avergli schiarito la mente. Guardò e riguardò il presunto povero che stava spettrale davanti a lui e che in vista di un possibile atto di carità aveva assunto una espressione meno triste, con uno sguardo un po’ più lucido e velato di speranza. Che mondo continuò a pensare Spigolistro. Tu vuoi fare del bene e gli altri ti ingannano. Così, osservando bene l’uomo avvolto di stracci ormai inebetito dalla vana attesa, seguendo i suoi pensieri cominciò a cambiare opinione. E quel disgraziato, infreddolito ed affamato, venne da lui considerato un mentitore. Uno che si approfittava di una persona onesta. Di lui, Spigolistro, che voleva fare il bene , ma in modo giusto, distribuendolo ai veri bisognosi, ma non agli ipocriti. Perché altrimenti, non si fa il bene, ma il male e poi si diventa complice delle tante ingiustizie che avvengono sulla terra. Così convinto lasciò presto il cencioso alle sue miserie con questa giustificazione: e no, caro mio, io sono un generoso benefattore e non ci casco nei tranelli della ingiustizia. Cercherò qualche altro che ha bisogno e allora sì che il mio spirito di carità potrà esprimersi con fare onesto per il bene del prossimo. Così facendo, non sarò mai responsabile di fare l’opposto di quanto la mia condotta morale mi spinge a compiere. Rinfrancato da questi, per lui, giusti pensieri, si diresse lesto in tutt’altra direzione, per cercare una nuova occasione, onde esprimere il suo senso di generosità. La strada portava ad un parco pubblico e su una panchina di questo parco, un uomo vecchio e dalla barba incolta avvolto da un pastrano corto e misero che non riusciva a coprire interamente il corpo, dava l’idea che soffrisse silenziosamente il freddo. Lo si capiva causa l’ aria triste e disincantata di tutta la sua persona. Ma soprattutto dai piedi, che battevano ritmicamente la terra per cercare di aumentare col movimento quel po’ di calore che il sangue circolando meglio poteva offrirgli. Spigolistro appena vistolo, si sedé al suo fianco. Ecco pensava, questo è l’uomo giusto per me. Finalmente compirò la mia buona azione quotidiana.
-Che freddo, è vero, stamattina- cominciò a dire. Silenzio. -E’ qui da tanto tempo?- Ancora silenzio. - Viene spesso da queste parti? Ha forse bisogno di qualcosa?- A queste domande nessuna risposta. Il vecchio non parlava o forse non era in grado di parlare. Si trattava di un malato di mente ? Di una persona paralizzata dai digiuni e da un senso di solitudine che gli aveva tolto la fiducia verso gli altri? Oppure di una persona scontrosa ed originale nei confronti di chi, come lo stesso Spigolistro, voleva iniziare un dialogo senza prima avvertirlo dei suoi propositi? Possibile. Quand’ecco che una tardiva reazione avvenne. Il vecchietto quasi per proteggersi dal freddo, si avvicinò con mossa repentina a Spigolistro e strisciò contro il suo cappotto. Poi subito dopo, stranamente e senza profferire alcuna parola di saluto, si alzò e a passi lesti, abbandonò sia la panchina che il suo ospite. Lasciato solo, Spigolistro cercò di spiegarsi le ragioni di quel comportamento. In fondo era quella l’occasione da lui desiderata. Quella che gli avrebbe dato la soddisfazione di non passare una giornata senza fare del bene, soprattutto in occasione del Natale. Intendiamoci, si trattava di dare solo qualche spicciolo di beneficienza, visto il grande numero dei poveri presenti al mondo. Con aria perplessa, mentre si dirigeva verso casa, rimuginava che non sempre le giornate sono tutte uguali. E mentre camminava il pensiero vagava già all’indomani verso un nuovo incontro benefico. Per la verità la sera durante il suo abituale esame di coscienza, non era morso da dubbi. Il Padre eterno avrebbe assolto la sua condotta , come tutte le altre volte, quando per cause diverse, tutte dovute alla sua giustificata malfidenza verso il genere umano, non aveva mai mollato un solo centesimo ad un povero. In lui infatti la beneficienza, come già detto, doveva sposarsi con la giustizia e la lealtà Ma siccome queste virtù è difficile rinvenire causa le umane bassezze, la necessità di voler fare del bene era sempre impedita dalle circostanze. Per questo la sua coscienza era sempre a posto. Mentre immerso in questi consolanti e autoassolventi pensieri camminava verso casa, meccanicamente mise la mano nella tasca destra del cappotto. Il portamonete, lì in deposito permanente, stavolta non c’era. Panico. Come? si chiese disperato, dov’era finito? Eppure lo avevo preso e toccato durante il primo incontro. Un triste e devastante pensiero lo atterrì e il sospetto cadde sul vecchietto della panchina che si era avvicinato un attimo a lui e in un attimo se ne era andato. Furto, Furto, Furto, ripeté sconsolato, ma nello stesso tempo pieno di collera. Poi deluso: - E’ ‘ proprio vero che chi fa del bene viene punito. Questa è la ricompensa degli uomini ad un benefattore. Fortunatamente, aggiunse, c’è anche quella di Dio che invece premia la generosità di una persona onesta.- La sera rimuginò che per compensare la perdita, da quel momento in poi, avrebbe fatto della beneficienza solo a parole. In fondo era quella che da sempre aveva fatto.