Cronaca

L’imprenditore che sparò ai ladri derubato ancora: «È il 96esimo furto»

A Sarmato rubati in un cantiere un escavatore e un pianale. Un altro mezzo è stato cannibalizzato. Il furto supera i 220mila euro. L'imprenditore Peveri: «Ci sentiamo soli e abbandonati»

Angelo Peveri, il noto imprenditore di Sarmato

«Con questo ho subito novantasei furti nella mia vita lavorativa». Angelo Peveri, l’imprenditore di Sarmato che venne condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione (uscì dal carcere nel 2020) per aver sparato a tre ladri, ferendone gravemente uno, è finito ancora una volta nel mirino dei malviventi. Nella notte di lunedì 8 aprile ha scoperto che nel cantiere dell’ex Eridania a Sarmato, in Valtidone, una banda ha fatto sparire un suo escavatore, ne ha depredato i pezzi da un secondo e portato via anche un pianale. «Ad un terzo escavatore - spiega lo stesso Peveri - è stato inoltre danneggiato pesantemente il blocco della chiave».

Al mattino presto, intorno alle 6.45, primo giorno di lavoro della settimana, l’amara scoperta. «È un anno e mezzo che lavoriamo lì - spiega l’imprenditore - e non era mai successo niente. Non abbiamo potuto fare altro che chiamare i carabinieri. Stiamo parlando di un furto da 220mila euro, forse anche qualcosa in più, perché l’escavatore cannibalizzato ha perso diversi pezzi. Con questo sono arrivato a novantasei furti denunciati, più altri. Questo è uno di quelli più ingenti che abbia mai subito. Certo, c’è l’assicurazione, ma un 40% del valore lo perderemo, l’escavatore rubato era praticamente nuovo». Di fronte all’ennesimo furto, «viene a mancare la motivazione». «Non siamo aiutati da nessuno. Ci sentiamo soli e abbandonati», aggiunge il sarmatese.

Peveri, dopo la vicenda che ha vissuto (la condanna e il carcere, nda) e l’ennesimo furto alla sua attività, dove trova le forze per continuare a fare l’imprenditore? «Ho due figli, un nipote, l’impresa è ben avviata, abbiamo un bel gruppo di dipendenti e sono nato per il lavoro. Si va avanti per questi motivi. Non voglio passare di mano l’attività, poi vivrei rassegnato e questo non va bene. Inoltre lavorare è un modo per non pensare a quello che mi è successo e che mi succede. Però sono sconfortato dalla situazione».


Si parla di