In competizione con i carabinieri di Rivergaro per fare più arresti: «E' questione di orgoglio»
Nell'ordinaza del gip Luca Milani che ha portato all'azzeramento della caserma dell'Arma Piacenza Levante, grazie alle indagini della guardia di finanza, viene indagato particolarmente il rapporto tra l'appuntato Montella, il maresciallo Orlando e il maggiore Bezzeccheri
Scandalo Levante e carabinieri arrestati. Secondo quanto sottolineato dagli inquirenti si evince, si legge nell'ordinanza, come Giuseppe Montella si atteggiasse a vero e proprio comandante della stazione, essendo lui a dare ordini e a programmare l'attività lavorativa dei colleghi, si legge nella richiesta cautelare: «è sempre lui a fare, a monte, le scelte operative ad onta del suo grado, sostituendo e soverchiando il vero comandante, il maresciallo maggiore Marco Orlando che pare un semplice esecutore di ordini altrui anche quando telefona al maggiore Stefano Bezzeccheri su invito dello stesso Montella per avere l'auto civetta (per fare vari servizi in borghese volti a compiere arresti ndr). Tutto questo avvallato dallo stesso maggiore che per le proprie opzioni lavorative scavalca la linea gerarchica interfacciandosi direttamente con un appuntato semplice piuttosto che con il maresciallo maggiore».
IL RAPPORTO TRA MONTELLA, ORLANDO E BEZZECCHERI
Nell'ordinaza del gip Luca Milani che ha portato all'azzeramento della caserma dell'Arma Piacenza Levante, grazie alle indagini della guardia di finanza, viene indagato particolamente il rapporto tra Montella, Orlando e Bezzeccheri e del ruolo di tutti e tre nella vicenda. Quando, dalle intercettazioni, si evince che i carabinieri della Levante stanno organizzando un arresto in maniera artificiosa, si capisce - perché si sente parlare -, la presenza di Orlando. I militari - si legge nell'ordinanza - parlano davanti a lui della già prevista possibilità di appropriarsi di parte dello stupefacente detenuto dallo spacciatore da dare all'informatore a pagamento del suo intervento come correttamente osservato dal richiedente (pm): «Tutti sono consapevoli e concordi nel programmare un'attività che inevitabilmente reca in sé elementi di falso ideologico e peculato. Nessuno ha dubbi, incertezze o alcunché da obiettare, neppure Orlando, segno inequivoco di un modus operandi ormai consolidato a prassi ordinaria».
In un altro caso, l'8 aprile, veniva tratto in arresto un egiziano in via Pennazzi che era stato colto a cedere droga a un cliente che però i carabinieri non riuscivano a fermare. Orlando chiama Pisante e lo informa dicendogli che avevano trovato 24 grammi di hascisc, 75 euro e un taglierino. Dalle intercettazioni però si evince che la descrizione dei fatti non era veritiera, ossia non c'era stata nessuna cessione. Quello definito cliente non era altro che un uomo che era uscito da quel condominio e che veniva percosso e privato del cellulare e del portafoglio, mentre il pusher in caserma veniva picchiato almeno in tre momenti diversi. Durante il pomeriggio Montella - si legge - provvedeva a suddividere in dosi la droga trovata per aggravare la posizione dello straniero. Al magistrato veniva detto che l'arrestato aveva ammesso le proprie responsabilità (al dialogo tra i due ha assistito Montella), a quel punto Orlando dice di far sottoscrivere all'arrestato un verbale di spontanee dichiarazioni che invece sono state estorte a suon di botte. Ancora una volta - scrive il gip - risulta del tutto censurabile l'atteggiamento del comandante Orlando, il quale dapprima ha comunicato al pm circostanze false, poi avvalla l'operato di Montella nell'estorcere le spontanee dichiarazioni ben sapendo che ciò non sarebbe avvenuto con garbo e gentilezza. Quel giorno Salvatore Cappellano, Giacomo Falanga e Angelo Esposito colleghi di Montella e a loro volta arrestati hanno condiviso - si legge - con l'appuntato una delle pagine più sordide della storia dell'Arma.
GLI ARRESTI: UN OBIETTIVO AD OGNI COSTO E LA COMPETIZIONE CON I CARABINIERI DI RIVERGARO E BOBBIO
Effettivamente - prosegue Milani - in questo procedimento vi sono state una serie di conferme rispetto a questa visione e gran parte delle stesse giugnono dall'esame del contenuto delle conversazioni telefoniche e ambientali intrattenute da Bezzeccheri al momento dei fatti. Un primo dato di rilievo emerso dalle indagini ha riguardato la constatazione dell'esistenza di un particolare rapporto di confidenza tra lui e Montella. All'interno della misura si legge: «Ci si riferisce in particolare ad alcuni incontri e contatti telefonici tra i due nel corso dei quali l'ufficiale esorta, tra l'altro, l'interlocutore ad intensificare l'attività operativa finalizzata a fare più arresti possibili. Sin dal primo incontro ascoltato nel corso delle indagini desta perplessità che il maggiore per impartire direttive di carattere operativo, invece di interfacciarsi con Orlando, gli dipende gerarchicamente, come doveroso in un corretto e normale rapporto istituzionale, si rivolga direttamente a Montella».
E ancora: come si comprende dall'ascolto dei dialoghi intercettati, il comportamento del comandante di Compagnia è dettato dalla