Cronaca

"Io, per i medici "malato immaginario", costretto a vivere strisciando"

In esclusiva per "il Piacenza" G.Z. racconta la sua storia, da affetto da "sindrome da affaticamento cronico". Una malattia riconosciuta dall'Oms ma che in Italia non è compresa. "Da 25 anni come se avessi la febbre a 40". Il lavoro perso, le umiliazioni, lo scherno

Lo hanno trattato come uno scansafatiche e poi curato come un malato psichiatrico. Ha dovuto lasciare tanti hobby e nel 2005 è stato costretto ad abbandonare il posto di lavoro. A cinquant'anni non ha uno stipendio e trascorre i giorni spostandosi dal letto al divano perché più di così non riesce a muoversi. Oggi gli rimangono solo l'affetto della moglie, che lo mantiene, e del figlio.

G. Z., ex operaio metalmeccanico residente in un Comune alle porte della città, non è depresso come sostenevano i medici che erroneamente gli hanno somministrato ansiolitici e antidepressivi per cinque o sei anni, ma soffre di sindrome di affaticamento cronico, una malattia invalidante riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità ma la cui gravità in Italia non sembra essere compresa. «Immaginatevi di avere quaranta di febbre per 25 anni: sempre esausto, confuso e dolorante, a letto spesso in dormiveglia e incapace di recuperare le forze anche dopo il sonno», spiega G. Z.

UN CALVARIO CONTINUO - In occasione della "Giornata mondiale dei malati di sindrome di affaticamento cronico - encefalomielite mialgica", che è caduta il 12 maggio scorso, ha deciso di raccontare a il Piacenza il calvario con cui si confronta ogni giorno. Una lotta estenuante, al pari della malattia, per G. Z. è stato il far capire agli specialisti che cosa provasse senza sentirsi direche era depresso. «Ai medici - afferma - portavo documentazione specializzata pubblicata molti anni prima all'estero su riviste mediche, ma mi rispondevano che non conoscevano questa patologia. Ancora adesso la maggioranza ritiene che non esista. Ho dovuto aspettare diciotto anni prima che mi venisse diagnosticata. Negli Usa, al contrario, una ricercatrice ha dichiarato che in base a solide prove scientifiche si può essere certi che soffriamo come malati terminali di Aids».

L'INCUBO SENZA RISVEGLIO - Per quasi due decenni G.Z. ha girato gli ospedali italiani, sperimentando terapie tradizionali, cure alternative, omeopatia e farmaci dopanti, oltre a psicofarmaci che non facevano altro che «aggravare», sostiene, la sua condizione. Tutto inutile: gli esami di ogni tipo condotti sul suo organismo non rivelavano alcuna anomalia. «Si sa - sottolinea - che proprio questo fattore rientra nelle linee guida, non applicate in Italia, da seguire per la diagnosi». Nel 2005 G. Z. approda in un centro specializzato a Chieti, in cui finalmente accertano che non è un malato immaginario, che quella spossatezza è davvero debilitante e persistente. «Dopo aver sentito per diciassette anni che il mio problema era l'assenza di volontà - racconta -, lì hanno scoperto che due ormoni preposti al corretto funzionamento della muscolatura non erano a posto e quella che mancava era la forza fisica. Si sono accorti che la causa di tutto è stata una mononucleosi che mi ha scombussolato il sistema immunitario».
 
 
 
UMILIATO E DERISO - Ma per il malato non vi erano più speranze di recupero. «Ormai la sindrome di affaticamento cronico mi era stata diagnosticata troppo tardi: due anni di dosi massicce di antiossidanti non hanno sortito alcun effetto benefico». Shampoo, doccia e barba tutti in una giornata sono così diventati un fardello insostenibile. E perso il lavoro le mortificazioni non sono finite. «Sono stato umiliato e deriso - accusa - anche da chi doveva accertare la mia invalidità, che è stata respinta. Non ho nemmeno il permesso per sostare nei parcheggi riservati ai disabili. Intanto, la malattia si aggrava costantemente e se peggioro di pochissimo potrei morire in quanto verrà meno la forza per respirare».

LA BATTAGLIA PER LA SENSIBILIZZAZIONE - Pur ormai privo di una vita sociale, G. Z. non ha gettato la spugna e ha realizzato il sito web www.cfsitalia.it con cui mira a far conoscere il morbo. «Nell'ora in cui riesco ad essere operativo gestisco sito e forum, mi tengo in contatto con altri malati oppure telefono ai politici per far sì che la gravità del male sia riconosciuta. Attraverso internet e le attività correlate al sito, noi pazienti abbiamo visto produrre alcune interpellanze parlamentari. Ho scelto di vivere strisciando, ma almeno sono contento di aver fatto qualcosa di utile per gli altri».

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