Economia

«Problemi annosi del settore vitivinicolo su cui bisogna intervenire»

Lettera aperta di Giampietro Comolli inviata al ministro Patuanelli

Egregio Signor Ministro, da tanti anni vivo e lavoro nella agricoltura, diciamo che come mio bisnonno, nonno e padre siamo nati sotto una “zolla”. Il mio interesse principale, dopo l’incontro con Veronelli e gli amici di Bra, è stato il vino, prima nella sua specificità, poi negli ultimi anni nella sua funzione e posizione integrata con altre filiere. Il Covid ha accentuato, ma problematiche e urgenti cambiamenti e rivoluzioni – noi piccoli tecnici di provincia – sono anni che li evidenziamo, diamo anche soluzioni. Tutti coloro che l’anno preceduta negli ultimi 30 anni sullo scranno più alto della “Agricoltura” italiana, hanno ricevuto le mie annotazioni compreso alcune soluzioni pratiche. Per questo mi permetto di evidenziare alcuni temi: la pandemia ha tolto risorse, ha accentuato il divario fra ricchi e poveri, ha evidenziato aspetti e figure vulnerabili, rischia di lasciare sul campo troppe vittime, in termini di imprese e di lavoro, senza motori di recupero e di rilancio.  La ricchezza economica è diventata l’arma di protezione più potente, la disparità vanifica la resilienza e la sostenibile. La normalità non torna da sola, va alimentata con adeguate strategie politiche.     

L’appello che Le rivolgo riguarda i piani e i relativi fondi oggi sul suo tavolo (europei e non solo, fra interventi Stato e Regioni, Pac, Ocm, NGP…) per l’agricoltura, più ancora per il settore del vino. Che cosa abbisogna il mondo agricolo-vitivinicolo? Abbisogna di “concreta” visione semplificata del sistema.

Un piano nazionale del vino con il completamento, aggiornamento e ulteriore eliminazione di prassi e procedure inutili ancora inserito nel Testo Unico del Vino. Strumento zoppo se non si aggiornano modelli associativi, riduzione enti inutili, deleghe mirate alle Regioni e creazione Distretti d’Area Produttiva, sburocratizzazione della burocrazia delle carte (20 passaggi obbligati ci sono fra il grappolo e la bottiglia sul tavolo), strada della ricerca genetica naturale per ridurre impiego presidi chimici dannosi, incentivare vitigni autoctoni storici e coltivazioni che mangiano la CO2. L’agricoltura ha un forte legame territorio-ambiente-risorse naturali-salubrità ma è anche  economia primaria-occupazione-distribuzione-commercio-consumo. Il vino in particolare è una filiera completa in molte imprese, da quelle familiari a quelle industriali, che necessità di essere accorciata, velocizzata e fortemente connessa con altri settori come il turismo, il cibo, la formazione.

Abbisogna di un rinnovato modello agroabientalealimentare

L’Italia, come altri paesi europei, produce in zone collinari e montane difficili e disagiate pregiate tipicità, ma noi in modo particolare perché occupano i 2/3 del territorio nazionale. E’ una agricoltura che non può finire: ha funzioni di uso e gestione idrogeologiche, presenze morforografiche particolari, sensibili che si ripercuotono su territori anche più produttivi. Occorre che giovani generazioni restino in agricoltura in collina e montagna. Questo va fatto capire alla UE: infrastrutture, strutture, strade, digitalizzazione, reddito…sono i principali strumenti per dare continuità di vita di tanti distretti italiani. Sono coinvolti più Ministeri ma tutti devono aver chiaro che una montagna solida non crea problemi a valle e produce alimenti non concorrenziali ad altri. Dare tutti gli strumenti perchè le imprese siano visibili al mercati, perché si ottimizzi la multiproduttività e la polifunzionalità con sicurezza e prospettive di futuro di lungo periodo. L’economia verde si può realizzare soprattutto in zone difficili, mentre una spogliazione  crea altri costi e danni per la società “a valle”, come quelli della sanità e problemi ecoidreologici e ambientali.    

Abbisogna di tecnologia digitale e infrastrutture  

Una agricoltura efficiente può realizzarsi nella Padana come sul Tavogliere, sulla Etna come al Gran Sasso, compreso la viticoltura, se infrastrutture e tecnologia sono pro-attive non solo presenti. Una agricoltura di precisione aiuta le produzioni ecosostenibili e biodinamiche, ma necessita fondi e piani di indirizzo molto chiari e di lungo periodo, non assistenzialismo, nessuna mancetta. La formazione giovanile e la sperimentazione al sevizio dell’impresa e non del laboratorio sono i due canali su cui investire per innescare un processo e un percorso virtuoso per il risparmio energetico, produzione di energia pulita in proprio, minor emissione di CO2 e scelte produttive diverse. Non si può pensare a progetti misure fondi alla nascita di giovani imprese di famiglie contadine a 1000 metri se non c’è la strada che arriva, oppure manca la farmacia e magari la sede comunale è a 30 km di montagna in un comune di 500 abitanti: tutti i soldi pubblici e tutta la tecnologia sarebbero i soliti soldi spesi male.    

Abbisogna di credito e fiscalità smart di filiera e differenziato per area e impresa

Gli investimenti aziendali si possono realizzare solo attraverso una fiscalità e onerosità non opprimente soprattutto in quelle produzioni che hanno valore aggiunto (non prezzo puro finale) superiore rispetto al costo, che creano reddito e ricavi da reinvestire in azienda. Occorre una saggia scala e revisione di alcune aliquote di imposte, abbinate a un credito a costo zero o a basso costo per le grandi imprese, per gli alti fatturati e per il tipo di impresa che agisce su più mercati per consentire grande competitività anche nel settore vino. La stessa logica e intervento deve essere totalmente diverso per la piccola impresa famigliare che ha ancora visione di campo limitata ma che deve crescere: il sostegno pubblico, meglio se oggettivo e collettivo, deve dare sostegno forte di lungo periodo assorbendo costi fissi e variabili che bloccherebbero sviluppo. In questo caso il bilancio famigliare deve venire prima del bilancio d’impresa.  

Post Covid, tutti i mercati esteri prevedono una riduzione del numero di locali, il calo degli scambi e viaggi. Grande sviluppo delle vendite e-commerce soprattutto su portali mondiali di traino: più richiesta di vini meno pesanti sostenibili e biologici; vini premium e quelli di prezzo contenuto in crescita come volumi. Calo dei vini a prezzi intermedi. Quindi occorre una politica “ItaliaVino” unica forte determinata diffusa presente continua soprattutto sui mezzi di comunicazione e promo-commercio prioritari, più seguiti. Occorre un piano come già fatto in Francia nel 1970-1980: eventi estero mirati, meno numerosi ma più pesanti, più continui, più vicino al consumatore finale. Oggi è il consumatore è più autonomo e intraprendente con online e in gda. Escluso il campo premium che ha già un suo cliente-consumatore fedele, il futuro del vino italiano si gioca attorno a multicanalità e la polifunzionalità. Tre parole: sinergia di sistema, differenza di canale, comunicazione mirata continua. Importanti sono i contatti pesanti con catene e insegne “foreste”. Inoltre ambasciate e consolati possono “usufruire” di cibo-vino come invito culturale.

Abbisogna dell’assetPaese unico vino-cibo-turismo-ospitalità-ristorazione

Priorità è la fondatezza e la unità politica nazionale a credere che l’ “asset paese”  del vino, cibo eccellenze, ospitalità, ristorazione sia fondamentale e che un investimento cospicuo, ma reale, controllato e con responsabilità dirette,  possa essere una delle leve (come lavoro certo, fiscalità bassa e equa, digitalizzazione e tecnologia in aree difficili, ecoambiente in aree già molto sfruttate, riduzione dell’economia speculativa…) per ripartire prima di altri paesi utilizzando una fetta del Net Generation Plan. Stato e Regioni diventano motore decisivo e determinante nella approvazione di progetti e piani distrettuali nazionali e di ampi territori strettamente connessi con un turismo-accoglienza slow, lento, paesaggistico, culturale, del riuso, del no-spreco di territorio, privilegio al 100% dell’edilizia di ristrutturazione di fabbricati esistenti e rurali con contributi anche del 110-140% come fatto per gli ammortamenti industriali 4.0 e 5.0   

Abbisogna di un piano mercato diretto consumo consumatori horeca   

Il consumatore con la pandemia è cambiato non solo in disponibilità economica, ma soprattutto nell’accezione, accesso, fiducia, fedeltà al consumo difronte a una visione continuamente in difesa. Tutti i Piani e le Politiche che scaturiscono da fondi europei devono essere “mezzi” che dialogano attraverso azioni concrete indirizzate alle imprese che garantiscono occupazione indeterminata e che offrono più conoscenza, formazione, qualità certificata. Anche la certezza salutistica e sanitaria deve essere un punto fermo collegato alla sussidiarietà, resilienza in agricoltura e in vitivinicoltura. C’è una urgente necessità di formare nuovi addetti alla mescita nell’horeca e non solo, nei wine club, nelle degustazioni a distanza pronti all’innovazione del consumo. Va ringiovanita attrezzata e acculturata tutta una nuova generazione di millennials che si approcciano al consumo ma anche al lavoro come addetti alla clientela in horeca perché c’è carenza.    

Giampietro Comolli