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Arzani alla Libreria Postumia col suo nuovo libro “Fate in Blu, Fate Infermiere”

Lunedì 12 dicembre Claudio Arzani presenta alla sala conferenze della Libreria Postumia di via Emilia Pavese 105 a Sant’Antonio, il suo libro testimonianza “Fate in Blu, Fate Infermiere – Covid, post Covid, long Covid: si lotta, si sogna, si vive”, edizioniLir, con accompagnamento di letture da parte di Dalila Ciavattini e di musiche eseguite all’organetto diatonico da Francesco Bonomini. 

Lo stesso autore, già dirigente dell’Asl piacentina, racconta: «Pochi giorni fa, eravamo in cinque clienti, nel piccolo negozio di cartoleria. Oltre ai due gestori. Il freddo gelido imponeva la chiusura della porta d’ingresso. Nessuno di noi indossava mascherine protettive e una donna, i capelli ricci e biondi, tossiva, a stento riusciva talvolta a trattenere quel colpo di tosse che, soffocato, diventava una specie di rantolo. Così forse, con una situazione simile, come racconto nel libro, iniziava il mio calvario in quel per fortuna lontano marzo 2020».

«Ero nel mio ufficio direzionale, a pochi passi dagli ambulatori del Servizio di Prevenzione e Protezione dove da giorni arrivavano medici, infermieri, sanitari, chi lamentando febbre, sintomi di raffreddamento, tosse. Era lui, il Contagio, un virus praticamente sconosciuto che nessuno sapeva come affrontare, il Tigre che mordeva. Per qualcuno la diagnosi infausta: polmonite interstiziale, Covid-19. Così il medico di turno aveva diagnosticato a quella collega che, entrata nel mio ufficio, si toglieva la mascherina in lacrime esponendomi le sue paure. Al mostro tanto bastava per insediarsi nei miei polmoni e, dopo un paio di giorni di incubazione, ecco la febbre apparire e in breve salire oltre ‘quota’ 38,5. “Niente di preoccupante, tutto normale”, affermava il medico prontamente sentito telefonicamente. Ma dopo due giorni una crisi di apnea respiratoria grave, l’immediato arrivo di una sirena ‘ululante’, la corsa in ospedale, il ricovero e, a seguire, pronto soccorso, malattie infettive, rianimazione, il trasferimento in un altro ospedale in terapia intensiva».

«Un mese del quale non ho percezione. Sognavo. Incosciente. Mentre medici e infermieri lottavano contro la Nera Signora che aveva annotato il mio nome sulla sua agenda. Ma ce l’hanno fatta. Anzi, come mi ha raccontato l’amico Franco Cosimo, primario pneumologo e autore della prefazione, ce l’abbiamo fatta, fondamentale è stata la mia volontà, la mia collaborazione. Del resto, avevo ancora delle cose da fare, volevo vivere, non era ancora giunto il momento dell’Altr/Ove, la Nera Signora poteva aspettare».

“Così, dopo quel mese di sogni e di lotta dura, il risveglio incredulo immobilizzato in un letto d’ospedale che sarebbe stata la mia realtà quotidiana per altri due mesi e finalmente, come dopo i 13 mesi di naja, “l’alba”, la dimissione, la liberazione, il ritorno a casa. Ma certo non era ancora finita. Come dice il sottotitolo del libro, “Covid, post Covid, long Covid: si lotta, si sogna, si vive”, iniziava un lungo percorso per il recupero, per ‘salvare il salvabile’. Stringendo i denti, credendoci sempre e talvolta imponendosi di credere nel recupero, anche di quello che si sa non sarà veramente possibile.”

Il libro, un “diario di giorni resistenti”, racconta del percorso personale di Arzani, che si intreccia con la situazione di una provincia che ha sofferto giorni terribili, dove ancora parlando con medici e infermieri si ricordano le tragedie dei tanti che non hanno avuto la fortuna di poterla raccontare come fa l’autore del libro, i tanti che se ne sono andati senza nemmeno poter salutare i propri cari. Oppure, sopravvissuti, che vivono nel terrore di un ritorno del Tigre – il virus in continua evoluzione come lo chiama Arzani.

“Fate in Blu, Fate Infermiere” vuole essere appunto uno stimolo contro la depressione, contro la paura del domani, l’invito a riprendere, anche dopo il contagio, il senso del vivere, credere nei propri sogni, partecipare alle vicende e ai problemi della realtà sociale che ci appartiene, credere nel presente che semplicemente anticipa il domani. Con una raccomandazione finale da parte di Arzani: ricordare che specie nei luoghi affollati la vita val bene una mascherina.


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