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Ridotto del Municipale, Ciclo Schiller - Verdi

Si terrà sabato 12 dicembre alle 17 presso il Ridotto del Teatro Municipale l'ultimo dei tre incontri ad ingresso libero promossi dalla Fondazione Teatri di Piacenza in collaborazione con il Centro Culturale Italo Tedesco di Piacenza, in occasione del 210° anniversario della morte di Friedrich Schiller.

L'iniziativa, intitolata “Ciclo Schiller-Verdi”, rientra nelle attività promosse della Fondazione Teatri che vanno sotto il nome di Educazione alla musica e vuole essere un'occasione per analizzare il rapporto che intercorre tra i lavori teatrali di Schiller e il melodramma italiano. Un rapporto profondo che ha lasciato segni tangibili nell'arte musicale dell'Ottocento. In questo ciclo, in particolare, si è scelto di focalizzare l'attenzione sullo stretto legame tra Schiller e Verdi, legame che si estende per molti anni, fino alla piena maturità del compositore.

In particolare l'incontro di sabato prossimo, sempre moderato dal musicologo piacentino Nicola Montenz, sarà dedicato all'opera verdiana Don Carlos. In particolare si parlerà di come ridurre alle proporzioni di un lavoro di teatro una tematica tanto grandiosa e vasta - che abbracciava il campo politico-sociale e quello psicologico individuale - fu impresa ardua sia per il drammaturgo tedesco, sia per il musicista di Busseto. 

La genesi delle due composizioni presenta alcune analogie, esteriori ma abbastanza significative. Sia il Don Carlos, Infant von Spanien — ein dramatisches Gedicht — sia il Don Carlos di Verdi impegnarono gli autori più di qualunque altra delle loro creazioni: Schiller vi lavorò per più di 4 anni (1783- 1787) e Verdi per più di due (1865-1867); entrambi seguitarono ad occuparsi della propria composizione per adattarla meglio alle esigenze della rappresentazione teatrale. Tre sono le rielaborazioni del Dramatisches Gedicht per il palcoscenico, una delle quali in prosa, e tre sono le edizioni ufficiali dell'opera verdiana che nella veste parigina in cui fu vista la prima volta il 1 marzo 1867 non risulta mai più riproposta. Entrambi ebbero modo di lamentarsi della quantità di tempo richiesta dalla composizione e della mancanza di organicità che poteva esserne il risultato.

La stesura di Kabale und Liebe aveva chiarito all'autore stesso il tragico egoismo di una passione che conduce all'accecamento davanti ai veri mali del viver civile. La conclusione è che nella redazione definitiva, quella del 1805, che era sotto gli occhi di Verdi nella traduzione del Maffei, i primi due atti lasciano presumere uno svolgimento diverso da quello che poi prendono i successivi tre. Comunque la differenza tra la quarta fatica schilleriana di Verdi e le tre precedenti è l'accento sull'introspezione degli abissi dell'anima unita alla creazione di un'atmosfera unitaria, solenne e splendida nella sua cupezza, ma anche percorsa e talvolta lacerata da fremiti d'inquietudine, di incertezza, di dubbio. La sfera della vita privata e quella della vita pubblica si compenetrano lumeggiandosi a vicenda, la parte più propriamente spettacolare non è mai semplicemente uno sfondo su cui si stagliano le psicologie individuali, ma l'una e le altre sono inscindibili per il conseguimento dell'effetto drammatico. 

Il Don Carlos del 1867 non è quindi basato sul «grido della passione» come le precedenti Giovanna d'Arco, Masnadieri e Luisa Miller. Ci si può chiedere se sarebbe stato cosi se Verdi avesse scritto l'opera nel 1850, quando per la prima volta gliene fu sottoposto il progetto. 
È ragionevole pensare che se il progetto del 1850 fosse andato in porto, avrebbe avuto, musicalmente e anche librettisticamente, carattere assai affine a quello del Rigoletto e del Trovatore: sarebbe stata una fosca ballata romantica, con individualità accentuate e passioni esasperate; la parte politica sarebbe stata relegata nello sfondo come relitto decorativo; un libretto vicino al Bauerbacher Entwurf, come d'altronde lo erano stati i testi per musica scritti sul medesimo argomento sino a quel momento. 
Il Verdi del 1865 aveva esortato i suoi librettisti a tenersi fedeli a Schiller e in effetti Méry e Camillo Du Lod riuscirono a mantenere l'aura schilleriana più di quanto una lettura del loro testo non faccia a prima vista capire. 

Ricordiamo che durante l'incontro verranno eseguiti al pianoforte dal musicista Gianluca Piacenza arie tratte dall'opera verdiana. L'ingresso è libero. 


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