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Alla Galleria Alberoni la proiezione del film "Il concerto" di Radu Mihaileanu

Domenica 7 aprile nella Sala degli Arazzi la mostra-evento “Dis-chiusure” proporrà, alle ore 17, la proiezione del film “Il concerto” di Radu Mihaileanu. Al termine, conversazione con Padre Erminio Antonello

Domenica 7 aprile nella Sala degli Arazzi della Galleria Alberoni la mostra-evento “Dis-chiusure" proporrà, alle ore 17, la proiezione del film “Il concerto” di Radu Mihaileanu, che vede la musica, un direttore d’orchestra e una violinista protagonisti di una storia di dischiusura della vita e delle relazioni. Le visite alla mostra, domenica 7 aprile, termineranno alle ore 17 anziché alle ore 19, proprio per permettere la visione del film. Presentato fuori concorso alla IV edizione del Festival internazionale del film di Roma ha ottenuto diversi riconoscimenti. Nel 2010 ha vinto i Premi César per la migliore musica da film e per il miglior sonoro ed è stato premiato come miglior film europeo dai maggiori riconoscimenti cinematografici italiani: i David di Donatello e i Nastri d’argento.

Gustoso nella sua parte narrativa e carico di imprevisti nello svolgimento delle scene, il film del regista franco-rumeno ripercorre la storia del concerto per violino ed orchestra di Tchaichovsky, che risuona nella mente del direttore d’orchestra, Andrej Filipov, nell’impossibilità di essere suonata finché, in una storia scritta sul filo del surreale, trova la sua via d’uscita. Direttore e orchestrali impediti e umiliati dal regime comunista trovano il loro riscatto suonando alla fine quel concerto che era stato interrotto e derubato al suo svolgimento. Il film è ambientato all'epoca di Breznev, quando Andreï Filipov, il più grande direttore d’orchestra dell’Unione Sovietica, dirigeva la celebre Orchestra del Teatro Bol’soj: licenziato all'apice della gloria, interrotto nel mezzo di un concerto, perché precedentemente si era rifiutato di espellere dalla sua orchestra tutti i musicisti ebrei, ventinove anni dopo riprende a lavorare ancora al Bol'šoj, ma come uomo delle pulizie.

Una sera gli capita fra le mani un fax indirizzato alla direzione del Bol'šoj: è del Théatre du Chatelet, che invita l'orchestra ufficiale a suonare a Parigi. All'improvviso Andreï ha un'idea folle: riunire i suoi vecchi amici musicisti che, come lui, vivono facendo umili lavori e portarli a Parigi, spacciandoli per l'orchestra del Bol'šoj. È l'occasione tanto attesa da tutti di potersi finalmente prendere una rivalsa e di terminare il Concerto per violino e orchestra di Peter Cajkovskij che stavano suonando trent'anni prima, al momento in cui furono interrotti. Ma nella decisione di Filipov di voler attuare questo assurdo quanto coraggioso piano non c'è solo la voglia di rivalsa per ciò che gli fu negato 30 anni prima.

Come un filo rosso, più importante del semplice racconto, è la metafora di vita che lega l’intera trama. “Vi è qualcosa nella vita umana che resiste a tutte le violenze e a tutti gli impedimenti. Questa è la bellezza dell’umano – sottolinea Padre Erminio Antonello, Superiore del Collegio Alberoni, che al termine della proiezione dialogherà con il pubblico - In esso vi è tanta energia che può sempre farlo risorgere dalle proprie ceneri. La libertà dell’uomo, per quanto possa essere coartata e schiacciata, possiede un’inventiva inattesa che può aprire sempre nuovi orizzonti di significato e di possibilità”. Per dirla con le parole espresse dal protagonista Andrej Filipov prima del concerto: «L'orchestra è un mondo. Ognuno contribuisce con il proprio strumento, con il proprio talento. Per il tempo di un concerto siamo tutti uniti, e suoniamo insieme, nella speranza di arrivare ad un suono magico: l'armonia».

L’inno alla vita è ben rappresentato dallo straordinario suono del violino – protagonista centrale della mostra-evento e qui rappresentato dal Violino con filo spinato di Kounellis esposto nella Sala degli Arazzi dell’Alberoni - che incanta e liberamente può suonare la “sua” musica.

Ma può un violino con filo spinato suonare la musica? L’interrogativo aprirà la conversazione con Padre Antonello, assertore convinto che “ciò che appare impossibile a una ragione calcolante può accadere. Dischiudere continuamente la vita dagli intoppi che la realtà frappone al desiderio può apparire talvolta impossibile. Eppure il desiderio, che è il cuore della ragione, come un’onda non cessa d’adagiarsi sulla spiaggia della realtà per modellarla e trasformarla. Dal grembo di una cassa armonica può sbocciare una musica carica di significato per l’umano. Così è di questo film Il concerto di Radu Mihaileanu. L’impossibile accade e la vita si riaccende”.

Il film, gustoso nella sua parte narrativa e carico di imprevisti nello svolgimento delle scene racconta di “una Musica”, appunto il concerto per violino ed orchestra di Tchaichovsky, che risuona nella mente del direttore d’orchestra, Andrej Filipov, nell’impossibilità di essere suonata finché, in una storia scritta sul filo del surreale, trova la sua via d’uscita. Direttore e orchestrali impediti e umiliati dal regime comunista trovano il loro riscatto suonando alla fine quel concerto che era stato interrotto e derubato al suo svolgimento.

Come un filo rosso più importante del semplice racconto è la metafora di vita che lega dall’inizio alla fine il film. Vi è qualcosa nella vita umana che resiste a tutte le violenze e a tutti gli impedimenti. Questa è la bellezza dell’umano. In esso vi è tanta energia che può sempre farlo risorgere dalle proprie ceneri. La libertà dell’uomo, per quanto possa essere coartata e schiacciata, possiede un’inventiva inattesa che può aprire sempre nuovi orizzonti di significato e di possibilità. Alla fine, il film è un inno alla vita, ben rappresentato dallo straordinario suono del violino che incanta e liberamente può suonare la “sua” musica