Politica

«Caruso arrestato un coltello piantato nel cuore, ma la ‘ndrangheta non è entrata in Comune»

Prima seduta consiliare dopo l’arresto dell’ex presidente. Il sindaco: «Sono lacerata, noi traditi e impotenti, ma l’inchiesta non coinvolge minimamente la politica, che non permetterà mai al malaffare di mettere le mani sulla città». Migli (Fd’I): «Non attribuite le colpe di Caruso a tutta la nostra comunità politica, basta strumentalizzazioni». Cappucciati (Lega): «Sulla vicenda ecco gli avvoltoi»

Patrizia Barbieri commossa in Consiglio comunale

Sì, d’accordo. Le polemiche politiche, le critiche – quelle più feroci sul verde pubblico delle ultime settimane -, la sostituzione di tre assessori, l’inchiesta sui furbetti del cartellino e altre impasse politiche e amministrative. Ma l’aver visto l’uomo che lunedì scorso le è stato seduto al fianco per tutta la seduta, Giuseppe Caruso, arrestato per aver favorito una cosca mafiosa, l’ha ferita più di ogni altra vicenda. Patrizia Barbieri, sindaco di Piacenza, ha infatti aperto nella commozione il suo intervento in Consiglio comunale, il primo dopo l’arresto del presidente (ora ex) Caruso, che dirigeva i lavori fino a sette giorni fa.

«Sono lacerata dal dolore – ha espresso il primo cittadino - dentro di me. Ho due immagini in testa, quella di Caruso seduto al nostro fianco dal 2017, e quella di lui seduto nel 2015 a tavola con persone con cui non si dovrebbe prendere neanche un caffè. Non entro nei particolari dell’inchiesta, ma ha provocato un profondo sconvolgimento, un coltello piantato nel cuore che causa un dolore lancinante». Bisogna però guardare avanti. «Noi agiamo con tutte le armi a disposizione. Chi mi conosce sa su cui si basano i miei principi: legalità e rispetto della cosa pubblica».

Barbieri però vuole distinguere il Caruso “funzionario delle Dogane” e il Caruso che “dirigeva i lavori del Consiglio”. «Il procuratore dell’inchiesta bolognese ha spiegato a più riprese che non centra nulla in questa vicenda l’attività politica, l’inchiesta riguarda soltanto il suo ruolo di doganiere. La ‘ndrangheta non è entrata in comune a Piacenza, e mai ci entrerà. Non esiste una segnalazione al riguardo. Nessuno si sottrae a un senso di responsabilità per quanto accaduto, nessuno minimizza. Si doveva prevenire, ma come? Come fa un partito, un’istituzione, a tutelarsi di fronte a simili eventi, quando qui prendiamo atto delle condizioni di eleggibilità dall’assenza di carichi pendenti…». L’amarezza è notevole, l’arresto di Caruso ha fatto il giro d’Italia. «Ci sentiamo traditi e impotenti, perché non si è potuto evitare che, sullo scranno più alto, al fianco del mio, si sedesse un appartenente della ‘ndrangheta. Mai il malaffare però metterà le mani su questa città, onesta, rispettosa dei diritti, della legalità, libera. Lo dobbiamo ai cittadini, anche se siamo smarriti in questo momento: teniamo sempre presente l’alto valore di questa istituzione, trascinata nel fango, che ora dovrà rialzarsi. Forza e coraggio Piacenza, forza e coraggio per Piacenza». Incalzato sia dalla protesta sotto il Comune da parte del Collettivo ControTendenza che dalla richiesta esplicita di dimissioni del consigliere di “Piacenza in Comune” Luigi Rabuffi, il sindaco ha però annunciato che «non mi dimetterò mai, voglio dirlo chiaramente».

 

MIGLI (FD’I): «CONDANNATA ANCHE UNA COMUNITA’, COSI’ NON VA BENE»

Molto atteso anche l’intervento del capogruppo di Fratelli d’Italia Gian Carlo Migli, che dalla difesa è passato velocemente al contropiede. «L’arresto di Caruso è drammatico per tutta la città, ma in particolare per chi lo ha frequentato di più, anche in questa aula, dopo 12 anni. Però i toni si sono alzati in questi giorni, si è solo cercato di dare una spallata politica a questa Amministrazione. Lo conoscevamo da circa vent’anni, però nel 2015 non ricopriva alcun incarico politico-amministrativo. Ci siamo scusati con la città, ma nessuno faccia un processo politico su di noi, con un Tribunale del popolo. Non siamo noi sul banco degli imputati». «Nessuno si è mai preoccupato – ha contestato Migli agli avversari - di attribuire colpe alle comunità politiche di provenienza per fatti accaduti in passato, dal 1945 in poi. Ci sono stati arresti anche ai tempi delle Amministrazioni del Pci. A Piacenza sono stati arrestati sindacalisti, industriali, dirigenti dello Stato, appartenenti alle forze dell’ordine e mai nessuno si è permesso di attribuire responsabilità alle associazioni o organizzazioni a cui i colpevoli erano legati. Quando hanno arrestato i sei poliziotti nessuno ha chiesto di sciogliere la questura o mandare via il questore. Nessuno ha fatto confusione dei ruoli e nei ruoli». «Riserviamo applausi alla Dia per l’indagine, con tristezza, non con gioia, perché consideravamo Caruso amico. Purtroppo è partita una campagna di strumentalizzazione politica, si dice che “c’è la mafia in Comune”. Noi non avevamo nessun sentore su di lui, sulle sue frequentazioni. La destra non può stare con questa gente, noi siamo per lo Stato, non con l’anti-Stato». Respinte le insinuazioni sugli altri componenti del gruppo consiliare. «In Fd’I ci sono professionisti specchiati di grande moralità. E Caruso era ancora in stato di fermo in questura quando la Meloni lo aveva espulso dal nostro partito. Mica solo noi, qua dentro, hanno bevuto un caffè o hanno giocato a calcio insieme a Caruso: se sapevate qualcosa contro di lui, perché non l’avete detto?».

IL DOLORE DI FRATELLI D’ITALIA

«I fatti avvenuti fanno male – ha espresso la neo consigliera Sara Soresi (Fd’I) -, ma hanno fatto più male a noi di Fd’I gli attacchi successivi. È una faccenda personale e non politica. Questi signori ne risponderanno». «Intanto per senso di responsabilità – ha rimarcato Gloria Zanardi (Fd’I) - abbiamo rinunciato, come partito, alla presidenza del Consiglio. C’è stato uno squallido tentativo di attribuire responsabilità alla nostra comunità, al partito, a noi consiglieri e soprattutto a Tommaso Foti. E la minoranza al momento dell’elezione di Caruso non disse nulla, si astenne e basta. Dire poi in aula che abbiamo portato la mafia qua dentro è strumentalizzazione». Nicola Domeneghetti (Fd’I), riflettendoci, non è parso convinto con la scelta del deputato Foti di scusarsi con la città. «Io non mi scuso, parlo a titolo personale, perché le squadre di calcio non si scusano per le intemperanze dei loro ultras. Vedere il mio nome legato indicato come “quello che sta nello stesso partito di Caruso” è diffamazione. Mio fratello, negli Stati Uniti per lavoro, mi ha telefonato per chiedere cosa stava succedendo in città, ci sono rimasto male. Per me basta la foto di Caruso a cena con i mafiosi, non aspetterò la sentenza per giudicare quello che è successo».

 

FORZA ITALIA: «TUTTI NOI ESTRANEI, MA IL COLPO ALL’IMMAGINE CE’»

«Siamo colpiti e addolorati – è il discorso di Francesco Rabboni (Forza Italia) - per quanto successo, ringraziamo magistratura e forze dell’ordine per l’impegno e rinnoviamo agli amici di Fratelli d’Italia la nostra vicinanza e il sostegno. Con tutti i cittadini onesti faremo emergere gli anticorpi già esistenti». Una ferma condanna è arrivata anche da Ivan Chiappa (Fi), «doverosa la sua dimissione da presidente e non è colpa del sindaco se le dimissioni da consigliere non sono arrivate subito. In questi giorni ho letto insensati attacchi all’Amministrazione, invitata ad andare a casa, sono rimasto sconvolto, non c’entra nulla». «Tutti noi siamo estranei a questa vicenda, ma il colpo d’immagine per la città c’è», ha aggiunto il capogruppo Sergio Pecorara (Forza Italia).

LEGA: «SONO ARRIVATI GLI AVVOLTOI»

«C’è stato uno tzunami giudiziario – ha espresso Lorella Cappucciati (Lega) - che ci ha colpito, giustamente i media nazionali hanno acceso i riflettori su Piacenza. Però si dia risalto al fatto che il Consiglio comunale e l’Amministrazione non sono minimamente coinvolti dalla vicenda. Non avevamo avuto alcun sentore, speriamo che queste metastasi vengano estirpate. Qua dentro tutti i partiti s’impegnano per la lotta per la legalità. Noi della Lega ci stringiamo attorno al nostro sindaco, che in questi giorni ha dimostrato di saper rialzare la testa. Soprattutto perché col caldo di questi giorni sono arrivati anche gli avvoltoi (riferendosi alla protesta del collettivo ControTendenza fuori dal Comune, nda)».

LEVONI (LIBERALI): «CHE COLPA NE ABBIAMO NOI?»

«Qua abbiamo sparato sulle Croce Rossa – è l’intervento polemico di Antonio Levoni (Liberali) - per tutta la seduta. Perché chiedere le dimissioni? Che senso ha? Cosa abbiamo fatto di male qua dentro per avere la Digos e la polizia anti-sommossa da Padova? Non abbiamo colpe qua dentro. Stanno mettendo in dubbio l’operato dell’aula. I sindacati che chiedono una commissione in Comune, vadano nel cortile dell’Agenzia delle Dogane, dove sono avvenuti i fatti contestati a Caruso».


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