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Ex macello, l’indennizzo che il Comune deve pagare infiamma il Consiglio

All’unanimità passa l’ok al debito fuori bilancio da 4 milioni di euro, ma si riaccendono le polemiche tra centrodestra e opposizioni su un contenzioso che arriva da molto lontano. Comune condannato in Appello, uno delle due ditte private nel frattempo è fallita

L'ex macello, ora Urban Center

A distanza di diversi anni dal recupero dell’ex macello di via Scalabrini, oggi “Urban Center” e sede piacentina del Politecnico di Milano, il Comune di Piacenza si trova costretto a pagare 4 milioni di euro. Nel 2016 il Tribunale di Piacenza in sede civile ha condannato il Comune a pagare un indennizzo di ben due milioni e 600mila euro a due aziende – “Donati Spa” e “Soved Srl” – che si erano aggiudicate in un primo momento l’appalto per la riqualificazione dell’ex macello. Le due aziende romane iniziarono i lavori nel 2002-2003. Soved, secondo il parere del Comune, eseguì i lavori nei tempi previsti, mentre Donati – pur ricevendo la somma concordata – eseguì solamente la metà di quanto stabilito. Nel 2005 le due società romane inviarono al Comune un atto di recesso del contratto. Il Comune, dopo aver chiesto una ripresa dei lavori, si affidò ad un’altra ditta, che portò a termine l’ingente opera di riqualificazione dell’area. Nel frattempo le due aziende aggiudicatarie fecero causa a Palazzo Mercanti, chiedendo di vedersi riconoscere un risarcimento.

Dopo la sentenza del Tribunale piacentino, la Giunta Dosi decise di ricorrere in appello. In seguito la Corte d'Appello di Bologna sospese la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Piacenza accogliendo le istanze del Comune. Secondo l’avvocatura del Comune «le due ditte avevano eseguito i lavori l'una per il 90% e l'altra per il 50%, regolarmente pagati dall'ente, per tre anni, senza mai nulla rilevare né sul progetto, né sul contratto, per poi recedere inspiegabilmente. I lavori furono poi conclusi, a seguito di nuovo appalto dalla ditta Spallina, dopo che il Comune fu costretto a riprendersi i cantieri con un'ordinanza di sgombero, perché i rappresentanti delle imprese Soved e Donati vi si asserragliarono dentro». Pochi mesi fa la sentenza della Corte d’Appello di Bologna è arrivata e ha visto soccombere nuovamente il Comune di Piacenza. Oltre ai risarcimenti riconosciuti alle due ditte romane, si aggiungono anche gli interessi. La cifra che il Comune deve sborsare sale complessivamente a 4 milioni di euro (a Donati 1,3 milioni, più 515mila di rivalutazioni del capitale e 134mila di spese legali; a Soved 1,3 milioni più 513mila di rivalutazioni e 134mila di spese legali). Il timore è quello di pagare e poi vedersi dare ragione in Cassazione, anche perché una delle due società (Soved) è fallita.

L’attuale assessore ai lavori pubblici Marco Tassi ha ricordato nella seduta di Consiglio del 17 giugno la vicenda, chiedendo però di non affrontarla dal punto di vista politico. «Stiamo parlando di una causa persa, ma da non addebitare a noi. È un progetto, quello dell’ex macello, che risale al 1994-1996, approvato in Consiglio nel 1998, e i lavori sono stati eseguiti molti anni fa. Non c’è stato un accordo bonario tra il nostro ente e le ditte private e c’è stato un complesso contenzioso. Pagheremo il debito e se poi vinceremo in Cassazione chiederemo indietro questi soldi».

 

La maggioranza pensava che fosse un ok senza polemiche, invece il dibattito è stato più vivo che mai, prima del voto unanime dell’aula: 33 voti favorevoli. Anche perché ci ha pensato subito Nicola Domeneghetti (Fratelli d’Italia) ad accendere la miccia. «Questo è un debito di oltre 4 milioni di euro – ha detto Domeneghetti - che proviene da un’Amministrazione precedente. La città sappia che chi c’era all’epoca ha sbagliato, si è preferito fare il muro contro muro con le due imprese».  «Non ci aspettavamo una piega del genere – si è detto sorpreso Christian Fiazza (Pd) - nel dibattito su un debito. Se vogliamo andare a vedere nel dettaglio le colpe allora ricordiamo anche che il progetto lo firmò la Giunta Guidotti nel 2000». «È un romanzo questa vicenda – ha dichiarato Sergio Dagnino (Movimento 5 Stelle) - senza dare la colpa a nessuno il fatto è che i cittadini devono mettersi le mani in tasca e pagare questo debito». «Le inadempienze nelle pratiche – ha commentato Sergio Pecorara, capogruppo di Forza Italia - ci sono state, una delle tante tegole che sono cadute sul Comune».

Anche il sindaco Patrizia Barbieri ha voluto dire la sua. «È una vicenda ereditata da tutti quelli presenti in questo Consiglio complessa dal punto di vista giuridico. Oggi è poco opportuno entrare nei dettagli di questa vicenda che vede ancora oggi un contenzioso in corso. Occorre prudenza in questi casi. Comunque il pagamento di un debito da parte del Comune è un atto obbligatorio, altrimenti scatterebbe un pignoramento. Ci è piovuto un “tegolone” sulla testa e ora dobbiamo eseguire». «Sempre “due pesi e due misure” – ha polemizzato Giorgia Buscarini (Pd) - per questa maggioranza. Quando amministrano è colpa di chi c’era prima, altrimenti di chi lavora negli uffici, a seconda di come viene comoda». Per la Lega ha parlato Nelio Pavesi. «Non è il primo contenzioso proveniente dal passato che ci ha visto protagonisti, sono tutte eredità negative: qualche responsabilità ci sarà però. Noi sistemiamo i conti e fra due anni la prossima Amministrazione, forse di sinistra, si troverà tutto preparato».

Molto duro il capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Pugni. «Qualcuno della parte politica ha mancato. Comunque chi ci sarà domani si troverà magari a rispondere del verde pubblico, della gestione degli archivi dell’edilizia. Non capisco perché tutti gli anni paghiamo dei premi di produzione ai dirigenti comunali, quando poi ci costano milioni di euro in cause perse». Pugni ha avuto un battibecco con il sindaco sui dirigenti, ricordando anche il problema dei furbetti del cartellino. «I dirigenti entrano in ruolo tramite concorsi pubblici – è la risposta del primo cittadino - non è come nel privato. E i nomi dei dirigenti comunali ci sono negli atti, alcuni sono in pensione, quello che si poteva fare nei loro confronti è stato fatto». «Andare a recuperare adesso i fili politici di questo progetto del ’94-96 – è il parere del capogruppo Pd Stefano Cugini - è difficile, come ha ben ricordato l’assessore Tassi».

«Non è questo il momento – ha detto Filippo Bertolini (Fd’I) - per guardare nel dettaglio le responsabilità, anche se è ovvio che dispiace non avere a disposizione oltre 4 milioni di euro per la città». «Se la linea è quella del sindaco e dell’assessore Tassi – è il parere di Massimo Trespidi (Liberi) - non c’è discussione e si vota all’unanimità, se la linea invece è criticare altro e altri, il discorso cambia». «Questa vicenda – è intervenuto anche Luigi Rabuffi (Piacenza in Comune) - ha aspetti enigmatici, come 280mila euro di spese legali, un milione e 300mila euro di interessi, che fanno venire il magone, dopo undici anni dal ricorso delle due aziende. Se i tempi della giustizia sono questi, c’è ingiustizia con qualsiasi verdetto. La storia ci insegna come comportarsi: lo dico oggi a quest’aula dove approviamo atti che potrebbero causare problemi al Comune fra dieci anni».


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