Fiorenzuola Today

Gianluigi Nuzzi al "Verdi" con le inchieste sulla Chiesa: «Un muro di silenzio sulle offerte dei fedeli»

Il giornalista e conduttore televisivo: «Si attraversano tre pontificati con un giornalismo d'inchiesta che arriva sul palco fornendo una chiave teatrale di quello che è accaduto: dalle spericolate operazioni finanziarie alla lotta che il Papa sta conducendo per riformare la Chiesa»

Sopra, Gianluigi Nuzzi

“Sua Santità”, “Vaticano S.p.A.”, “Via Crucis”. Tre libri scritti dal giornalista Gianluigi Nuzzi, conduttore della trasmissione “Quarto Grado” di Rete4, che ha deciso di portare in teatro sotto forma di un monologo, intervallato da musiche e video inediti. “Pecunia: la via crucis di Papa Francesco”, farà tappa al Verdi di Fiorenzuola sabato 11 febbraio alle ore 21. Nuzzi parlerà delle sue inchieste condotte in questi anni sul rapporto tra la Chiesa e il Denaro e la difficile lotta di Papa Francesco per cambiare la Chiesa. Come in un giallo teatrale saranno proposte al pubblico domande e risposte cercando di raccontare e di riflettere sui temi che hanno informato gli ultimi best sellers di Nuzzi, anche alla luce di nuove informazioni, per mettere a fuoco il futuro di uomo amato e coraggioso.

«Si attraversano tre pontificati (da Ratzinger a Wojtyla per arrivare a Papa Francesco nda) con un giornalismo d’inchiesta che arriva a teatro fornendo appunto una chiave teatrale di quello che è accaduto – spiega il giornalista -: abbiamo storie del Vaticano che sono segnate da misteri e da segreti, il più grande di tutti riguarda le dimissioni di Benedetto XVI: per la prima volta nella storia contemporanea un Papa si dimette. Andremo anche su segreti di morti misteriose come quello di Papa Luciani (1912 – 1978) o scomparse come quella di Emanuela Orlandi, archiviata senza aver trovato un perché della sparizione di quella ragazza».

Tre libri nei quali si raccontano spericolate operazioni finanziarie e la lotta che Papa Francesco e i suoi fedelissimi stanno conducendo per riformare la Chiesa. Come mai ha voluto concentrare le sue inchieste sulla Chiesa e non su altre istituzioni nelle quali c’è uno sperpero di denaro evidente?

«Credo che le finanze vaticane fino ad ora siano state poco scandagliate: c’è sempre stato un muro di silenzio che ha protetto questi denari che provengono dalle nostre offerte e quindi è interessante vedere che fine fanno i soldi. Così ho iniziato nel 2008 questa ricerca con “Vaticano S.p.A.” e ormai ho dedicato quasi dieci anni all’approfondimento di queste storie. Sulle finanze del vaticano, sugli affari, sulle attività diplomatiche si sa molto poco: da noi fa notizia di come viene gestita l’eredità, di appartamenti lasciati da vecchiette senza figli e ultimamente il caso di padre Contin. Il teatro credo sia un momento di racconto potente perché il palco è una sfida molto avvincente per un giornalista: io non sono un attore però ho la determinazione di rendere fruibili questi racconti, inquietanti, sorprendenti e affascinanti, di un mondo dove il linguaggio è diverso: un modo, quello della Curia romana che ha pesi e contrappesi. Raccontare questi fatti sarà avvincente».

In un post sul suo sito nel 2015 quando iniziava il suo processo aveva scritto: “Dovranno pentirsi quelli che hanno sperperato i soldi dei più deboli, dei più poveri! Quelli che se la spassano in super attici a spese dei fedeli e chi tradisce Papa Francesco”. Ma è proprio di qualche giorno fa la notizia di oltre 200 manifesti affissi sui muri di tutta Roma per contestare direttamente il Papa e il suo operato e non chi a livello gerarchico è al di sotto di lui. Cosa ne pensa?

«Prendersela con questo Papa è molto facile, la macchina della Chiesa del Vaticano è complessa e la battaglia di questo Pontefice è basata fondamentalmente sulla mentalità delle persone all’interno della Curia. Questo Papa dall’inizio del suo pontificato ha incontrato molte inadeguatezze, incapacità gestionali. Prendersela con lui con questi manifesti mostra anche la forza di Francesco: nessuno immaginava durante il pontificato di Ratzinger e di Wojtyla di fare manifesti contro Sua Sanità e tappezzare la città. Oggi questo spiega come la comunicazione è cambiata e come l’essere in mezzo alla gente di Papa Francesco, un pastore che guida miliardi persone, porta a critiche palesi come questa che io però non condivido».

Questione terremotati: c’è chi lamenta che il Papa invita i fedeli ad essere vicini alle popolazioni del centro Italia con la preghiera ma le azioni concrete della Chiesa, anche delle Diocesi e Vicariati locali sono ben poche. Secondo lei è vera questa cosa?

«Io non amo le generalizzazioni. Sono rimasto però stupito di quando con l’Obolo di San Pietro (si chiama cosi l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro nda) al tempo di Benedetto XVI, il sessanta per cento delle offerte andava a ripianare i buchi rossi dei bilanci. Inoltre sono rimasto sorpreso che con Papa Francesco si è parlato di trasparenza: hanno annunciato un paio di mesi fa l’apertura di un sito dedicato appunto all’Obolo di San Pietro, sul quale speravo di trovare i racconti di come vengono spesi i soldi, invece c’è solo la possibilità di pagare con la carta di credito: non si racconta come si spende ma si invita a donare. Io credo che la tracciabilità delle offerte sia una battaglia che questo Santo Padre dovrebbe fare perché se l’offerta diventa tracciabile la gente magari è invogliata a donare. Noi siamo un popolo generoso: anche se l’Italia si sta impoverendo è un popolo di grande cuore».

Qualche domanda a Gianluigi Nuzzi su ciò che caratterizza il suo lavoro in tv con la trasmissione “Quarto Grado”: la cronaca nera. CLICCA SU “CONTINUA”

Nel 2016 sono tornati alla ribalta delle cronache nazionali fatti di qualche anno fa: un esempio è il caso di Chiara Poggi. Come si spiega che nuovi retroscena emergono dopo questo lungo lasso di tempo?

«Per quanto riguarda questo caso c’è la difesa di Alberto Stasi che sta portando avanti una battaglia difensiva rileggendo certi elementi come quello del DNA sotto le unghie di Chiara Poggi. Io sono scettico sull’efficacia di queste attività difensive perché credo che il lavoro fatto soprattutto negli ultimi processi abbia cristallizzato una responsabilità significativa attribuita ad Alberto Stasi. È anche vero che questo è consentito dal nostro codice: l’attività difensiva è permessa e presenteranno un istanza di revisione a processo. Vedremo come andrà a finire».

Gravi fatti di cronaca e web. Che rapporto c’è tra queste due cose? Nella vostra trasmissione come anche oggi avviene in quasi tutte le testate sono molto importanti i social per raccogliere l’audience dagli internauti. Non crede che la situazione stia un po’ sfuggendo di mano soprattutto agli utenti del web che spesso intervengono con post, tweet fuori luogo?

«Il web ha diversi piani, è come un edificio dove, oltre ai vari piani ci sono anche gli scantinati: questi spazi nel web vengono usati da persone per diffamare, inneggiare, scaricare frustrazioni. Consapevoli di questo uno deve essere anche pragmatico e guardare il lato positivo: il nostro pubblico quando dialoga con noi utilizza in maniera importante i social con dei suggerimenti e idee che possono aiutare nel confezionamento della puntata successiva. Il trenta per cento delle nostre puntate è fatto proprio dalle segnalazioni che riceviamo dai nostri amici telespettatori: c’è chi ha competenze e che le offre come il meccanico che dice “no quella macchina non è passata sotto la camera perché ha una conformazione diversa”, l’esperto che scrive quali erbe possono crescere in un determinato terreno come in quello dove è stata trovata la povera Yara Gambirasio. Noi poi non facciamo un lavoro investigativo: facciamo giornalismo cercando di andare a vedere la veridicità di quello che leggiamo, non ci bastano gli atti giudiziari perché poi a volte capita spesso che la verità giudiziaria sia solo parziale».


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